domenica 22 gennaio 2017

ORIENTAMENTO AL RUOLO

ORIENTAMENTO AL RUOLO

L’operatore socio-sanitario (OSS) è una figura professionale, istituita con Atto del 22 febbraio 2001 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato ,le Regioni e le Province autonome, che trova origine nella sintesi dei distinti profili professionali degli operatori dell’area sociale e di quella sanitaria per rispondere in modo più adeguato all’evoluzione dei servizi alla persona, intesa nella globalità dei suoi bisogni.
All’inizio degli anni Ottanta aumenta, in modo vertiginoso, la richiesta di servizi assistenziali rivolti alle persone e si afferma la necessità di una qualificazione professionale di coloro che rendono all’utenza, che ne fa richiesta, i cd. Servizi di cura.
L’AUSILIARIO SOCIO-SANITARIO SPECIALIZZATO E L’OPERATORE TECNICO ADDETTO ALL’ASSISTENZA (OTA)
Con D.M. 10 febbraio 1984 vengono identificati profili professionali attinenti a figure parasanitarie nuove ed atipiche, ovvero di dubbia iscrizione ai sensi dell’art. 1, comma 4, del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 di disciplina dello stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali.
Tra questi profili di nuova generazione è ricompreso l’ausiliario socio sanitario specializzato la cui funzionalità professionale viene definita in rapporto alla figura infermieristica ed, in particolare, per sgravare quest’ultima di  una serie di competenze assistenziali di base.
In particolare, il decreto ministeriale che ne istituisce il profilo professionale affida all’ausiliario socio-sanitario specializzato il compito di assicurare le pulizie negli ambienti di degenza ospedaliera, diurna e domiciliare, ivi comprese quelle del comodino e delle apparecchiature della testata del letto, di provvedere al trasporto al trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ad al loro accompagnamento se deambulanti con difficoltà, di collaborare con il personale infermieristico nella pulizia del malato allettato e nelle manovre di posizionamento nel letto. Il decreto precisa altresì che l’ausiliario socio-sanitario è responsabile della corretta esecuzione dei compiti che sono stati affidati dal caposala e prende parte alla programmazione degli interventi assistenziali per il degente.
Il D.M. 15 giugno, n. 590 approva il regolamento che definisce tale figura, nonché il programma didattico del corso di qualificazione professionale  articolato in parte teorica e parte pratica.
Con il D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384 viene introdotta nel personale del comparto sanità la figura professionale dell’operatore tecnico addetto all’assistenza (OTA), il cui profilo e i corsi di qualificazione sono regolamentati con il D.M. 26 luglio 1991, n. 295.
La figura viene disciplinata con la evidente necessità di introdurre, nei servizi del SSN, un operatore che abbia la capacità di attendere ad attività di tipo igienico ed alberghiero, oltre che assistenziali in forma di collaborazione subordinata con l’infermiere.
In particolare, l’operatore tecnico addetto all’assistenza svolge la propria attività nei seguenti campi ad opera sotto la diretta responsabilità dell’operatore professionale della 1a categoria con funzione di coordinatore (Capo sala) o, in assenza di quest’ultimo, dell’infermiere professionale responsabile del turno di lavoro:
Attività alberghiere;
Pulizia e manutenzione di utensili, apparecchi, presidi usati dal paziente e dal personale medico ed infermieristico per l’assistenza al malato;
Collaborazione con l’infermiere professionale per atti di accadimento semplici al malato.
Nell’ambito di competenza, oltre a svolgere i compiti dell’ausiliario addetto ai servizi socio-sanitari, esegue le seguenti ulteriori funzioni:
Lavaggio, asciugatura e preparazione del materiale da inviare alla sterilizzazione e relativa conservazione;
Provvede al trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ed al loro accompagnamento se deambulanti con difficoltà;
Trasporto del materiale biologico, sanitario ed economale secondo protocolli stabiliti;
Rifacimento del letto non occupato e igiene dell’unità di vita del paziente (comodino, letto, apparecchiature);
Preparazione dell’ambiente e dell’utente per il pasto e aiuto nella distribuzione e nell’assunzione;
Riordino del materiale e pulizia del malato dopo il pasto;
Aiuto al paziente nel cambio della biancheria e nelle operazioni fisiologiche;
Comunicazione all’infermiere professionale di quanto sopravviene durante il suo lavoro in quanto ritenuto incidente sull’assistito e sull’ambiente;
Partecipazione con l’equipe di lavoro, limitatamente ai propri compiti;
Esecuzione dei compiti affidati dal capo sala.
In collaborazione o su indicazione dell’infermiere professionale provvede:
Al rifacimento del letto occupato;
All’igiene personale del paziente;
Al posizionamento ed al mantenimento delle posizioni terapeutiche.
Requisito culturale per l’accesso alla figura è il diploma di scuola media secondaria di I grado. Secondo quanto disposto dal citato D.M. 295/1991, è prevista, altresì, la frequenza al corso di qualificazione per operatore tecnico addetto all’assistenza.
Questa figura è, oggi, definita dalla contrattazione collettiva, valida per il comparto Sanità, profilo ad esaurimento contestualmente all’istituzione, nelle dotazioni organiche di ciascuna azienda del SSN del profilo dell’operatore socio-sanitario.
L’OPERATORE ADDETTO ALL’ASSISTENZA DI BASE (OSA, AADB,ADEST)
Nell’area sociale si sono sviluppate negli ultimi anni una pluralità di figure in risposta a nuovi segmenti di bisogno. Molte di queste figure sembrano accavallarsi nell’esercizio concreto delle competenze degli operatori di assistenza di base.
L’operatore  di assistenza di base svolge la sua attività in campo socio assistenziale a  livello domiciliare o in realtà residenziali, con compiti non specialistici e di aiuto all’utente (anziani, portatori di handicap, famiglie in stato di bisogno, ammalati) nelle attività di vita quotidiane. L’aiuto può essere di tipo domestico, igienico-sanitario e nella vita di relazione.
L’attività lavorativa comporta il confronto con le persone assistite e le loro famiglie, e una collaborazione costante per la realizzazione del progetto di vita personalizzato che è finalizzato alla conservazione delle residue autonomie evitando forme di emarginazione.

L’OSA (operatore socio-assistenziale)
La figura dell’operatore socio-assistenziale lavora nel sociale in enti pubblici e privati quali ospedali, centri formativi, case di cura e riposo, cliniche, asili, scuole con diverse specializzazioni:
Operatore socio-assistenziale per l’infanzia: è una figura di affianco al genitore nelle attività educative e formative indirizzate a bambini con difficoltà anche lievi di apprendimento e sviluppo, con problemi comportamentali o di socializzazione.
Operatore socio-assistenziale per gli anziani: offre supporto alle persone in età avanzata affiancandole nelle problematicità che le condizioni di vita recano quotidianamente.
Operatore socio-assistenziale per disabili: è una figura di supporto alle persone affette da difficoltà psico-motorie.
Operatore socio-assistenziale per tossicodipendenti: offre supporto soprattutto dal punto di vista psicologico a persone con problemi di dipendenza affiancandole nel lungo e difficile percorso della disintossicazione.
Operatore socio-assistenziale multiculturale: offre supporto ed affiancamento al difficile processo di integrazione nella nostra società di persone straniere ed extracomunitari.
Operatori socio-assistenziali turistico per disabili: offre supporto ed aiuto durante i momenti di svago, viaggi e vacanze per disabili.
L’AADB (addetto assistenza di base)
L’addetto all’assistenza di base svolge la sua attività prevalentemente nell’assistenza diretta, di solito anziani e portatori di handicap, e nella cura dell’ambiente di vita, sia presso il domicilio dell’assistito che nelle strutture di cura.
Opera in collegamento con i servizi e con le risorse sociali nell’attuazione di percorsi terapeutici volti ad uno sviluppo equilibrato della personalità, con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana al fine di favorire l’autonomia personale dell’utente, nel rispetto della sua autodeterminazione.
I suoi compiti assistenziali si riassumono nelle seguenti aree di competenza generale:
Aiuto per il governo della casa, come, ad esempio, il riordino del letto e della stanza di residenza, la pulizia generale dell’alloggio di vita curandone l’aereazione e l’illuminazione, il cambio della biancheria e l’utilizzo del servizio di lavanderia, la preparazione e/o aiuto per il pranzo e per gli acquisti, l’eventuale fornitura di pasti a domicilio;
Aiuto alle attività della persona, come, ad esempio, alzarsi dal letto, la pulizia del corpo e la vestizione, la nutrizione e l’eventuale aiuto nell’assunzione dei pasti;
Aiuto per favorire l’autosufficienza nella quotidianità, come, ad esempio, l’aiuto per una corretta deambulazione e/o per la movimentazione degli arti invalidi, ovvero per il giusto posizionamento degli arti in condizione di riposo, la movimentazione dell’anziano allettato e l’aiuto nell’uso di strumenti e attrezzi per lavarsi, vestirsi, mangiare da soli, camminare;
Spettano anche interventi igienico-sanitari di semplice attuazione, sotto il controllo del medico quali:
Il controllo nell’assunzione farmacologica e l’effettuazione o il cambio di piccole medicazioni, su prescrizione medica;
La prevenzione delle piaghe da decubito;
Il collegamento fra l’anziano ed i servizi sanitari territoriali.
In collaborazione con l’assistente sociale può svolgere compiti di segretariato sociale come fornire informazioni su pratiche, riscossione su delega (pensioni, assegni ecc), contatti con altri servizi socio-sanitari del territorio, accompagnamento dell’assistito a visite mediche o presso altre circostanze quando questi no sia autosufficiente ovvero manchi di altro aiuto (es. familiari, volontari ecc).
L’ADEST (assistente domiciliare e dei servizi tutelari)
L’assistente domiciliare e dei servizi tutelari è un operatore il quale, attraverso una specifica preparazione professionale di tipo teorico pratico, fornisce prestazioni sostitutive delle cure familiari attraverso attività integrate di aiuto domestico, di assistenza diretta alla persona, di aiuto nelle vita di relazione, di prestazioni igienico sanitarie di semplice attuazione, qualora esse siano complementari alle attività socio-assistenziali e coincidano con quelle svolte ordinariamente da un familiare.
OPERATORE SOCIO-SANITARIO: L’ACCORDO DEL 22 FEBBRAIO 2001
con provvedimento del 22 febbraio 2001 la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome ha dato atto all’accordo intercorso tra il Ministero della Salute (ora Ministro del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali), il Ministro per la Solidarietà sociale (il cui Ministero è oggi accorpato a quello del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali), le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, per la individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’operatore socio-sanitario e per la definizione dell’ordinamento didattico dei corsi di formazione.
Lo scopo dell’istituzione di suddetta figura è quello di formare personale in grado di collocarsi in modo professionalmente utile sia nelle strutture del SSN che negli ampi settori dell’assistenza sociale.
Alla base di questo profilo professione bisogna considerare quattro principi fondamentali:
SAPERE,
SAPER  FARE,
SAPER  ESSERE,
SAPER  DIVENIRE
Cosa deve sapere?
 L'Operatore Socio Sanitario deve conoscere le problematiche del disagio sociale e le
 tecniche di intervento delle quali sono parte integrante la conoscenza delle principali
 patologie fisiche, psichiche e sociali. È di fondamentale importanza la sua capacità di
 relazione umana con la persona che, in situazione di difficoltà, ha anche bisogno di
 accoglienza, sostegno e comprensione
Cosa deve saper fare?
 L'Operatore Socio Sanitario deve saper lavorare in un gruppo nel quale confluiscono più
 professionalità. Deve saper individuare quei bisogni che la persona in difficoltà spesso
 non riesce ad esprimere. Deve saper documentare il proprio lavoro in modo utile anche
 per gli altri operatori. Deve relazionarsi positivamente con la persona per limitarne il disagio rispettandola e rispettando l'etica del proprio ruolo professionale
Cosa deve saper essere?
 L'Operatore Socio Sanitario deve saper essere persona che ascolta un'altra persona,
 attraverso una comunicazione attiva ed empatica, con la comprensione dei bisogni della
 persona, della famiglia (o del care-giver) e delle figure importanti della sua vita (vicini,
 parenti amici e così via). Deve saper essere tramite per sopperire ai bisogni ed alle
 necessità della persona.
Cosa deve saper divenire?
 L'Operatore Socio Sanitario deve saper divenire mezzo per raggiungere un fine, quello di
 evitare il disagio (sia psichico che fisico) o di ridurlo.

AREA DELLE COMPETENZE: L’operatore socio-sanitario è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione  professionale, svolge attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario, nonché a favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.
Più in particolare, le attività dell’operatore socio-sanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita e si concretano in:
Assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero: assiste la persona, in particolare non autosufficiente o allettata, nelle attività quotidiane e di igiene personale, realizza attività semplici di supporto diagnostico e terapeutico; collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psico-fisiche residue, alla rieducazione, riattivazione, recupero funzionale, realizza attività di animazione e socializzazione di singoli e gruppi; coadiuva il personale sanitario e sociale nell’assistenza al malato anche terminale e morente; aiuta la gestione dell’utente nel suo  ambito di vita; cura la pulizia e l’igiene ambientale;
Intervento igienico-sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio-danno dell’utente; collabora alla attuazione degli interventi assistenziali; valuta, per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre; collabora alla attuazione di sistemi di verifica degli interventi; riconosce ed utilizza linguaggi e sistemai di comunicazione e relazione appropriati in riferimento alle condizioni operative; mette in atto relazioni-comunicazioni di aiuto con l’utente e la famiglia, per l’integrazione sociale ed il mantenimento e recupero della identità personale;
Supporto gestionale organizzativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per la registrazione di quanto rilevato durante il servizio; collabora alla verifica della qualità del servizio; concorre, rispetto agli operatori dello stesso profilo, alla realizzazione dei tirocini ed alla loro valutazione; collabora alla definizione dei propri bisogni di formazione e frequenta corsi di aggiornamento; collabora , anche nei servizi assistenziali non di ricovero, alla realizzazione di attività semplici.
Le competenze possono essere raggruppate in tre grandi macroaree: tecnica, professionale, relazionale.
COMPETENZE TECNICHE: Quanto alle competenze tecniche, l’operatore socio-sanitario in base alle proprie conoscenze ed in collaborazione con altre figure professionali, sa attuare i piani di lavoro. E’ in grado di utilizzare metodologie di lavoro comuni (schede, protocolli ecc). E’ in grado di collaborare con l’utente e la sua famiglia:
Nel governo della casa e dell’ambiente di vita, nell’igiene e cambio biancheria;
Nella preparazione e/o aiuto all’assunzione dei pasti;
Quando necessario, e a domicilio, per l’effettuazione degli acquisti;
Nella sanificazione e sanitizzazione ambientale.
E’ in grado di curare la pulizia e la manutenzione di arredi e attrezzature, nonché la conservazione degli stessi e il riordino del materiale dopo l’assunzione dei pasti. Sa curare il lavaggio, l’asciugatura e la preparazione del materiale da sterilizzare.
Sa garantire la raccolta e lo stoccaggio corretto dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario, e dei campioni per gli esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti.
Sa svolgere attività finalizzate al’igiene personale, al cambio della biancheria, all’espletamento delle funzioni fisiologiche, all’aiuto nella deambulazione, all’uso corretto di presidi, ausili e attrezzature, all’apprendimento e mantenimento di posture corrette.
In sostituzione e appoggio dei famigliari e su indicazione del personale preposto è in grado di:
Aiutare per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso;
Aiutare nella preparazione alle prestazioni sanitarie;
Osservare, riconoscere e riferire alcuni dei più comuni sintomi di allarme che l’utente può presentare (pallore, sudorazione, ecc);
Attuare interventi di primo soccorso;
Effettuare piccole medicazioni o cambio delle stesse;
Controllare e assistere la somministrazione delle diete;
Aiutare nelle attività di animazione e che favoriscono la socializzazione, il recupero ed il mantenimento di capacità cognitive e manuali;
Collaborare ed educare al movimento e favorire movimenti di mobilizzazione semplici su singoli e gruppi;
Provvedere al trasporto di utenti, anche allettati, in barella e/o carrozzella;
Collaborare alla composizione della salma e provvedere al suo trasferimento;
Utilizzare specifici protocolli per mantenere la sicurezza dell’utente, riducendo al massimo il rischio;
Svolgere attività di informazione sui servizi del territorio e curare il disagio di pratiche burocratiche;
Accompagnare l’utente per l’accesso ai servizi.
COMPETENZE PROFESSIONALI. In ordine sanitario alle competenze di natura strettamente professionale, l’operatore socio-sanitario:
Conosce le principali tipologie di utenti e le problematiche connesse;
Conosce le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento personalizzati;
Riconoscere per i vari ambiti, le dinamiche relazionali appropriate per rapportarsi all’utente sofferente, disorientato, agitato, demente o handicappato mentale ecc.;
È in grado di riconoscere le situazioni ambientali e le condizioni dell’utente per le quali è necessario mettere in atto le differenti competenze tecniche;
Conosce le modalità di rilevazione, segnalazione e comunicazione dei problemi generali e specifici relativi all’utente;
Conosce le condizioni d rischio e le più comuni sindromi da prolungato allettamento e immobilizzazione;
Conosce i principali interventi semplici di educazione alla salute, rivolti agli utenti e ai loro famigliari;
Conosce l’organizzazione dei servizi sociali e sanitari e quella delle reti informali.
COMPETENZE DI NATURE RELAZIONALE. In merito alle competenze di natura relazionale l’operatore socio-sanitario sa lavorare in equipe.
Si avvicina e si rapporta con l’utente e con la famiglia, comunicando in modo partecipativo in tutte le attività quotidiane di assistenza; sa rispondere esaurientemente, coinvolgendo e stimolando al dialogo.
E’ in grado di interagire, in collaborazione con il personale sanitario, con il malato morente. Sa coinvolgere le reti informali, sa rapportarsi con le strutture sociali, ricreative, culturali dei territori.
Sa sollecitare ed organizzare momenti di socializzazione, fornendo sostegno alla partecipazione ed iniziative culturali e ricreative sia sul territorio che in ambito residenziale. E’ in grado di partecipare all’accoglimento dell’utente per assicurare una puntuale informazione sul servizio e sulle risorse.
E’ in grado di gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità.
Affiancandosi si tirocinanti, sa trasmettere i propri contenuti operativi.
L’OPERATORE SOCIO-SANITARIO CON FORMAZIONE COMPLEMENTARE
L’art. 1, comma 8 del D.L. 2002, n.1 consente all’operatore socio-sanitario di collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica e di svolgere alcune attività assistenziali in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive all’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
Si rende, dunque, necessario completare il profilo dell’OSS con la formazione complementare in assistenza sanitaria disciplinata espressamente con Accordo 16 gennaio 2003 tra l’allora Ministro della Salute (oggi Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche  sociali), l’allora Ministro per la Solidarietà sociale (il cui Ministero è oggi accorpato a quello del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali), le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
E’ importante sottolineare che l’operatore socio-sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria non può essere considerato un sanitario con le relative caratteristiche e prerogative. L’individuazione di un’unica figura professionale con possibilità di impiego nell’ambito nell’ ambito dei servizi sia sanitari sia sociali, dimostra del resto come la preparazione dell’operatore socio-sanitario non sia specialistica ma rivolta al soddisfacimento dei bisogni di base della persona in situazione di non completa autonomia.
E’ comunque da tenere in considerazione che l’operatore socio-sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria non è un nuovo operatore diverso dall’operatore socio sanitario. Non a caso, si parla di “formazione complementare” ma non essenziale. Si tratta, quindi, di un completamento a livello formativo.
l’attestato di formazione  complementare in assistenza sanitaria consente all’operatore che ne sia in possesso di collaborare con l’infermiere e con l’ostetrica nello svolgimento di alcune attività assistenziali, alle quali non è tuttavia abilitato.
Le attività di carattere sanitario svolte dell’operatore socio-sanitario, infatti, sono parte integrante di un processo assai più ampio e complesso, pianificato dall’infermiere per rispondere alle specifiche necessità del paziente. Non bisogna dimenticare che, nel nostro ordinamento, l’infermiere è l’unico responsabile dell’assistenza infermieristica. Ciò implica che si a di esclusiva valenza infermieristica la valutazione sull’eventualità che, in determinate circostanze e condizioni si salute, sul paziente possa intervenire l’operatore socio-sanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria.
L’operatore socio-sanitario, quindi, oltre a svolgere le competenze professionali del proprio profilo, coadiuva l’infermiere o l’ostetrica/o e, in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica sotto la sua supervisione, è in grado di eseguire:
La somministrazione, per via naturale, della terapia prescritta, conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione;
La terapia intramuscolare e sottocutanea su specifica pianificazione infermieristica, conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione;
I bagni terapeutici, impacchi medicali e frizioni;
La rivelazione e l’annotazione di alcuni parametri vitali (frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e temperatura) del paziente;
La raccolta di secrezioni ed escrezioni a scopo diagnostico;
Le medicazioni semplici e bendaggi;
I clisteri;
La mobilizzazione dei pazienti non autosufficienti per la prevenzione di decubiti e alterazioni cutanee;
La respirazione artificiale, massaggio cardiaco esterno;
La cura e il lavaggio e preparazione del materiale per la sterilizzazione;
L’attuazione e il mantenimento dell’igiene della persona;
la pulizia, disinfezione e sterilizzazione delle apparecchiature, delle attrezzature sanitarie e dei dispositivi medici;
la raccolta e lo stoccaggio dei rifiuti differenziati;
il trasporto del materiale biologico ai fini diagnostici;
la somministrazione dei pasti e delle diete;
la sorveglianza delle fleboclisi, conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
LA FORMAZIONE
I moduli formativi
La formazione dell’operatore socio-sanitario è di competenza delle Regioni e Province autonome. Per l’accesso ai corsi di formazione dell’operatore socio-sanitario è richiesto il diploma di scuola dell’obbligo ed il compimento del diciassettesimo anno di età alla data di iscrizione al corso. Ogni corso di formazione, di durata annuale, comprende i seguenti moduli didattici:
Un modulo di base per un minimo di ore 200;
- un modulo professionalizzante per un numero minimo di ore 250.
A questi si aggiungono esercitazioni/stages per un numero di ore 100 ed il tirocinio guidato, presso le strutture ed i servizi nel cui ambito la figura professionale dell’operatore socio-sanitario è prevista, per un numero minimo di ore 450.
Alle Regioni e alle Province autonome è riconosciuta, inoltre, la facoltà di prevedere moduli didattici riferiti a tematiche specifiche sia mirate all’utenza (ospedalizzata, anziana, portatrice di handicap, psichiatrica, con dipendenze patologiche ecc) sia alla struttura di riferimento (residenza assistita, domicilio, casa di riposo, comunità,ecc) In questo caso, oltre al corso di qualificazione di base sono previsti moduli di formazione integrativa mirati a specifiche utenze e specifici contesti operativi, quali utenti anziani, portatori di handicap, utenti psichiatrici, malati terminali, contesto residenziale, ospedaliero, casa alloggio, RSA, centro diurno, domicilio, ecc per un massimo di 200 ore di cui 100 di tirocinio.
In ogni caso, sono previste misure compensative in tutti i casi in cui  la formazione pregressa risulti insufficiente, per la parte sanitaria o per quella sociale.
La frequenza ai corsi è obbligatoria; al termine, gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da parte di una apposita commissione d’esame, la cui composizione è individuata dal citato provvedimento regionale e della quale fa parte un esperto designato dall’assessorato regionale alla sanità ed uno dall’assessorato regionale alle politiche sociali.
All’allievo che supera le prove, è rilasciato dalla regione e dalla provincia autonoma, un attestato di qualifica valido su tutto il territorio nazionale, e spendibile nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali.
L’allegato C all’accordo del 22 febbraio stabilisce quanto segue in merito agli obiettivi di modulo e alle materie di insegnamento.
PRIMO MODULO (200 ore di teora):
Acquisire elementi di base per individuare i bisogni delle persone e le più comuni problematiche relazionali;
Distinguere i sistemi organizzativi socio – assistenziali e la rete dei servizi;
Conoscere i fondamenti dell’etica, i concetti generali che stanno alla base della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nonché i principi che regolano il rapporto di idipendenza del lavoratore (doveri , responsabilità, diritti); conoscere i concetti di base dell’igiene e i criteri attraverso i quali mantenere la salubrità dell’ambiente.
SECONDO MODULO (250 ore di teoria, 100 esercitazioni, 450 tirocinio):
Riconoscere e classificare i bisogni ed  interpretare le problematiche assistenziali derivanti in relazione alle principali caratteristiche del bambino, della persona anziana, della persona con problemi psichiatrici, con handicap ecc, o in situazioni di pericolo;
Identificare tutti gli elementi necessari alla pianificazione dell’assistenza collaborando con le figure professionali preposte;
Riconoscere le principali alterazioni delle funzioni vitali al fine di attivare altre competenze e/o utilizzare tecniche comuni di primo intervento;
Applicare le conoscenze acquisite per mantenimento di un ambiente terapeutico adeguato, cura della persona, mantenimento delle capacità residue, recupero funzionale;
Conoscere ed applicare le diverse metodologie operative presenti nelle sedi di tirocinio;
Conoscere i principali aspetti psico-sociali dell’individuo e del gruppo al fine di sviluppare abilità comunicative adeguate alle diverse situazioni relazionali degli utenti e degli operatori nonché conoscere le caratteristiche, le finalità e le prestazioni di assistenza sociale allo scopo di concorrere, per quanto di competenza, al mantenimento dell’autonomia e dell’integrazione sociale dell’utente.
MODULO FACOLTATIVO: tematica professionale specifica: (50 ore di teoria, 50 esercitazioni, 100 tirocinio) per approfondire le competenze acquisite con speciale riferimento ad una particolare tipologia di utenza o ad uno specifico ambiente assistenziale.
Principali materie di insegnamento
Area socio culturale, istituzionale e legislativa:
Elementi di legislazione nazionale e regionale a contenuto socio-assistenziale e previdenziale.
Elementi di legislazione sanitaria e organizzazione dei servizi (normativa specifica O.S.S.).
Elementi di etica e deontologia.
Elementi di diritto del lavoro e il rapporto di dipendenza.
    Area psicologica e sociale:
Elementi di psicologia e sociologia.
Aspetti psico -relazionali ed interventi assistenziali in rapporto alle specificità dell’utenza.
Area igienico-sanitaria ed area tecnico-operativa:
Elementi di igiene.
Disposizioni generali in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Igiene dell’ambiente e comfort alberghiero.
Interventi rivolti alla persona in rapporto a particolari situazioni di vita e tipologia di utenza.
Metodologia del lavoro sociale e sanitario.
Assistenza sociale.

METODOLOGIA DEL LAVORO SOCIALE E SANITARIO

METODOLOGIA DEL LAVORO SOCIALE E SANITARIO
L’attività assistenziale può essere organizzata secondo diversi livelli operativi:
Di tipo funzionale, nel quale la divisione dei compiti tra operatori avviene in funzione del differente livello di competenza. Ne risulta che in tale modello organizzativo particolarmente pregnante è la struttura verticistico-gerarchica con conseguente risalto alle funzioni di coordinamento e alla specializzazione dei compiti che vengono quasi settorializzati;
Per team nursing, nel quale l’assistenza viene erogata ad uno specifico, ed in genere piccolo, gruppo di pazienti (al massimo una quindicina), che è affiancato da una équipe non corposa ma eterogenea, composta cioè da diverse professionalità coordinate da un unico soggetto;
Per nursing primario, nel quale si garantisce ad un gruppo ridotto di pazienti (al massimo sei) una continuità assistenziale affidata nella turnazione ad un unico referente coadiuvato dal personale di supporto;
Per case management, nel quale si combinano elementi delle altre tipologie operative al fine di ottenere un coordinamento multi professionale a fronte della patologia cui risulta affetto il paziente.
IL LAVORO MULTIPROFESSIONALE
L’operatore socio-sanitario svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario, in servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario, residenziali o semiresidenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell’utente. In siffatti contesti l’OSS svolge la sua attività in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.
L’elemento centrale del lavoro multi professionale è rappresentato dal fatto che l’OSS opera- come precisato anche dalla contrattazione collettiva del comparto- su precisa indicazione degli operatori preposti all’assistenza sanitaria e sociale ed in collaborazione con essi. Ciò è tanto più evidente per l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria per il quale lo stesso Accordo del 16 gennaio 2003, che ne definisce le competenze, precisa che egli nel prestare la propria attività professionale coadiuva l’infermiere e/o l’ostetrica ed opera conformemente alle loro direttive o sotto la loro supervisione nel rispetto di alcune regole base che sono:
Il giusto compito, sulla base delle condizioni dell’assistito e delle capacità professionale dell’operatore delegato;
La giusta circostanza, in modo da rendere congrua l’assistenza resa in relazione alle concomitanze oggettive;
La giusta persona, nel senso della perfetta identificazione della persona assistita e dell’operatore preposto ad assisterla;
Le giuste istruzioni, per rendere efficiente la comunicazione interpersonale  e la prestazione da rendere;
La giusta supervisione, nel senso che la responsabilità del risultato è sempre  del delegante che deve adeguatamente valutare il lavoro affidato ante e post.
CONCETTO DI DELEGA E/O ATTRIBUZIONE
l’OSS e, in particolare, l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria è la figura le cui attività e competenze professionali sono svolte con carattere di interdipendenza con altri operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e sociale secondo il criterio del lavoro multidisciplinare.
Qual’ è il reale grado di autonomia operativa dell’OSS e dell’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria, ovvero fino a che punto arrivano i confini delle responsabilità delle sue funzioni. In altre parole con riguardo alle attività che tale operatore svolge in affianco, in collaborazione e cooperazione con l’infermiere – in particolare -  si debba parlare di una delega o di una semplice attribuzione di compiti.
In termini giuridici, la delega è l’atto con cui un soggetto sostituisce a sé un altro soggetto nell’esercizio di funzioni appartenenti alla propria competenza, mantenendo in capo a sé  la responsabilità del risultato.
A norma di legge (D.P.R. 739/1994 e L.42/1999) l’infermiere è il responsabile dell’assistenza infermieristica, intesa come la risposta ai bisogni della persona non più autosufficiente, finalizzata a promuovere il miglioramento della salute e del benessere: l’infermiere, in quanto unico responsabile del risultato assistenziale, non delega attività o responsabilità all’OSS e all’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria, ma può (ove necessario) attribuire attività in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza. Ciò vuol dire che nell’ambito del campo proprio di competenza, l’infermiere può far svolgere compiti di tipo esecutivo a figure di supporto, mantenendo la responsabilità del processo decisionale.
L’OSS e l?OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria assumono, pertanto, i contorni di stretti collaboratori al processo di assistenza infermieristica nel quale svolgono precipui compiti e attività assistenziali che sono loro attribuiti dal responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica e della cui corretta esecuzione sono responsabili. Ed, infatti, il profilo professionale dell’OSS testualmente declara che tale operatore “osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio dell’utente”.
In tal senso va considerato l’art. 5 del Codice deontologico della professione infermieristica che recita “l’infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori, di cui riconosce e rispetta lo specifico apporto all’interno dell’equipe. Nell’ambito delle proprie conoscenze, esperienze e ruolo professionale contribuisce allo sviluppo delle competenze assistenziali”.
I compiti da assegnare all’OSS e all’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria devono essere coerenti con la normativa che li riguarda e la formazione per essi prevista; ciò significa che non è sicuramente attribuibile:
La valutazione globale dell’assistenza infermieristica, intesa come identificazione dei bisogni alla cui soddisfazione l’operatore collabora;
La valutazione delle condizioni cliniche assistenziali e psicologiche della persona, e dei bisogni educativi;
La definizione del piano assistenziali;
La valutazione dei risultati del processo assistenziale.
Fondamentale affinché l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria siano veramente di supporto al processo di rilevazione e identificazione della soluzione dei bisogni di assistenza infermieristica nonché di valutazione della complessità clinica assistenziale della persona è la predisposizione di protocolli e/o piani di lavoro che aiutino a definire le attività che possono essere affidate all’operatore socio-sanitario in base alla complessità assistenziale dell’unità lavorativa in cui è inserito.
Svolgendo competenze di tipo misto, che abbracciano sia l’ambito sociale che quello sanitario l’OSS può prestare attività in diversi contesti tipo.
In particolare i servizi residenziali quali:
Case protette; case albergo (detti anche mini alloggi), che sono gruppi di mini appartamenti destinati a persone anziane autosufficienti, dotati di tutti gli accessori per consentire una vita autonoma;
Comunità alloggio o gruppo appartamento, piccole strutture o appartamenti strutturati come vere e proprie comunità familiari, destinate ad accogliere persone anziane con un adeguato grado di autonomia o persone in stato di difficoltà sociale, in cui sono presenti camere autonome e spazi ad uso comune. Si caratterizzano per la presenza programmata di operatori socio-sanitari, anche di notte, ed educatori;
Residenze sanitarie assistenziali;
Comunità terapeutiche destinate all’accoglienza e al trattamento polispecialistico con persone alcool dipendenti e tossicodipendenti;
Hospice.
Altri luoghi di lavoro sono i servizi semiresidenziali, intendendo con tale espressione:
Centri diurni integrati destinati all’accoglienza di anziani e disabili;
Centri socio-riabilitativi.
Infine, vanno prese in considerazione le strutture del servizio sanitario  nazionale attraverso le quali esso esplica le sue finalità assistenziali e sanitario nei confronti degli assistiti:
Sevizi di assistenza domiciliare, anche integrata;
Centri di accoglienza quali consultori, o SERT;
Strutture ospedaliere;
Dipartimenti di salute mentale;
Distretti sanitari di base.
LA CASA PROTETTA
In questa struttura vengono accolti anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti (per stati degenerativi tipici della vecchiaia o per motivi legati a specifiche patologie pregresse e stabilizzate), privi di validi supporti familiari e parentali e, quindi, nella impossibilità di permettere una adeguata assistenza domiciliare. Tale struttura assistenziale si ispira ai seguenti principi:
Rispetto dell’anziano;
Programmazione sistematica degli obiettivi da conseguire;
Divisione delle responsabilità, stabilite e individuabili;
Interdisciplinarietà e multidisciplinarietà del piano di lavoro; integrazione globale con le risorse sul territorio;
Lavoro d’èquipe e di gruppi.
Nella casa protetta per anziani non autosufficienti il numero degli ospiti sarà necessariamente di misura ridotta e, anche grazie a ciò, l’avvio del piano assistenziale avviene con la raccolta dei dati, a cui segue la registrazione sulla scheda VAOR (Valutazione anziano ospite in residenza) che preferibilmente si svolge dal 14° al 21° giorno.
La scheda VAOR è la versione italiana del Sistema RAI (Resident Assassment Instrument).
Lo strumento VAOR venne commissionato dal Governo degli USA a un gruppo di esperti a cui fu chiesto di redigere una scheda di valutazione multidimensionale che potesse essere utilizzata in tutte le nursing homes degli Stati Uniti. Il fine era di fornire a tutto il personale infermieristico uno strumento di lavoro similare e tale da rendere possibile un modello di qualità, e di creare una banca dati di tutte le nursing homes degli Stati Uniti.
La scheda di valutazione elementare del residente permette l’elaborazione di un piano di assistenza infermieristica individuale, che favorisca il massimo livello di recupero fisico, mentale e psicosociale dell’anziano in residenza.
L’èquipe di lavoro nella casa protetta è composta: dall’infermiere professionale, dagli operatori di base (tra cui l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria), dal fisioterapista, dal medico, da un assistente di base-tutor, dal responsabile delle attività assistenziali e dal coordinatore dell’intero team. Quest’ultimo ha il delicato compito di creare e mantenere un clima di fiducia e di comprensione reciproca nella struttura e durante le riunioni, di curare il corretto funzionamento del flusso informativo e di sostenere la creatività e la produttività del gruppo, garantendo la divisione del lavoro e degli impegni organizzativi e metodologici. Nella casa protetta gli infermieri professionali hanno l’intera responsabilità dell’assistenza degli anziani. Gli operatori di base, tra cui l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria, identificarono i bisogni del paziente e analizzano i dati che poi trasmettono all’équipe. Il responsabile delle attività assistenziali e l’assistente di base-tutor hanno il compito, tra l’altro, di preparare la relazione della visita domiciliare all’anziano, che precede il suo ingresso nella casa protetta. Questa strategia ha lo scopo di fornire a tutti gli operatori un quadro il più possibile preciso delle esigenze dell’utente, e di dare all’anziano la possibilità di essere informato sulla quotidianità e sui servizi della struttura.
La metodologia di intervento. L’analisi di tutti i dati raccolti è finalizzata alla coordinazione e definizione del PAI (Piano di assistenza individualizzato): analizzando i problemi reali o potenziali dell’anziano, definendo obiettivi, priorità, decisioni operative, tempi e verifica  di figure coinvolte, si giunge alla individuazione delle aspettative  assistenziali dell’utente. In questa fase vengono formalizzati o modificati gli interventi già attuati prima della stesura del PAI, secondo una logica di priorità riportando su schede inserite nella cartella infermieristica le decisioni per ogni problema.
il ruolo che svolge il PAI è fondamentale per:
Mettere al centro dell’attività assistenziale il paziente nella sua globalità e non la specifica patologia;
Definire in modo chiaro tutte le fasi dell’intervento assistenziale di gruppo;
Consentire una specificazione chiara e succinta dei problemi evidenziati;
Avere un valido strumento ricco di informazioni utilizzabile ai fini della ricerca;
Avere a disposizione dati omogenei.
Altrettanto importante è l’esposizione al collettivo di nucleo del risultato del team: il gruppo viene a conoscenza di tutte le decisioni operative e spetta all’assistente  di base-tutor la compilazione di una scheda riassuntiva con informazioni estrapolate dal PAI che, di regola, è contenuta anche’essa nella cartella infermieristica.
La scheda VAOR viene verificata a scadenze fisse (di solito trimestralmente), pur lasciando al team la facoltà di fissare tempi diversi per specifici problemi. A ogni scadenza il PAI viene verificato, modificando o confermando la decisione che il gruppo di lavoro ha adottato. L’impegno degli operatori si traduce principalmente nel seguire con la massima attenzione questi strumenti e soprattutto nel trascrivere accuratamente l’evoluzione del piano di assistenza individualizzato e le testimonianze dei bisogni dell’anziano. Occorre anche, quando la situazione lo richieda, saper modificare lo strumento stesso o elaborare uno strumento nuovo per un diverso contesto e, quindi, un diverso bisogno.
Con questi strumenti si intende attenuare al massimo gli effetti negativi della istituzionalizzazione, che sono rilevanti nel caso della non autosufficienza (specie quando questa è correlata alla povertà e alla riduzione del nucleo familiare).
L’esistenza all’interno del piano operativo di un largo spazio dedicato al servizio di animazione, alleggerisce e spesso ricrea anche la dimensione del tempo libero. Infatti vi sono anziani che pur potendo soddisfare totalmente o parzialmente i bisogni primari, sono esclusi da: cinema, ferie, divertimenti. Il piano assistenziale della casa protetta, prevedendo alcune di queste attività, riesce a migliorare la qualità della vita e a dare quegli stimoli utili per mantenere in attività corpo e mente.
LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI (RSA)
Malgrado la tendenza ad incentivare l’assistenza domiciliare, spesso si rende necessario, per la complessità dell’assistenza sanitaria ovvero per la non autosufficienza della persona, l’inserimento del paziente in residenze sanitarie assistenziale (RSA). Si tratta generalmente di anziani con patologie gravemente invalidanti e con scarso supporto familiare ma anche portatori di patologie neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate.
Nelle RSA gli interventi sono di natura terapeutica, riabilitativa e di mantenimento, non effettuabili a domicilio o nei centri diurni.
Le residenze sanitarie assistenziali devono presentare alcuni requisiti strutturali e tecnologici:
Una capacità ricettiva non inferiore ad una determinata soglia (in genere almeno 20 posti letto) e non superiore ad altra (120 posti letto);
Un’area riservata alla residenzialità composte da camere da letto, servizi igienici attrezzati per la non autosufficienza, ambulatorio e medicheria, cucina attrezzata, spazi collettivi di vita anche comune;
Un’area destinata alla valutazione e alla terapia quali locali idonee attrezzature per prestazioni assistenziali, locali per l’erogazione delle prestazioni di riabilitazione;
Un’area di socializzazione;
Un’area generale di supporto con uffici amministrativi, cucina, magazzini, camera ardente, depositi.
Il modulo organizzativo del lavoro prestato dagli operatori verte sui seguenti cardini:
Valutazione multidimensionale dei problemi/bisogni sanitari, cognitivi, psicologici, sociali dell’ospite all’atto dell’ammissione e periodicamente;
Stesura di un piano individualizzato di assistenza che corrisponde a specchio ai problemi/bisogni identificati;
Applicazione del metodo dell’interdisciplinarietà;
Coinvolgimento della famiglia dell’ospite.
GLI HOSPICE
Si tratta di strutture ad elevato livello di assistenza sanitaria e infermieristica destinate ad offrire ospitalità a tutti i malti di cancro (anche di età pediatrica) in fase terminale di malattia. Per”malati terminali” si intendono persone affette da cancro per le quali non vi è più l’indicazione di un trattamento chemioterapico o radioterapico volto alla guarigione o al rallentamento della malattia tumorale
A queste persone, dunque, vengono fornite cure palliative (protezione) cioè alleviare la sofferenza, proteggere il malato dal disagio provocato dalla malattia.
Di conseguenza le cure palliative:
Provvedono al sollievo del dolore e degli altri sintomi;
Integrano gli aspetti psicologici, sociali e spirituali dell’assistenza;
Non accelerano né ritardano la morte;
Offrono un sistema di supporto per aiutare la famiglia durante la malattia del paziente e durante il lutto.
Differenti figure professionali compongono l’èquipe dell’hospice: medici, medici specialisti, psicologi, infermieri, OSS e OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria, assistente spirituale.
IL CENTRO DIURNO
Gli utenti di tale struttura, che rappresenta una valida alternativa al ricovero, sono abbastanza autosufficenti, con ridotti problemi di salute. E’ essenzialmente  un luogo di incontro, svago e aggregazione sociale, con servizio di mensa, attività di riattivazione funzionale, ecc. ma può avere anche funzioni assistenziali per il cui espletamento sono necessarie figure professionali dell’OSS e dell’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria.
Il centro diurno, quando destinato ad accogliere anziani che costituiscono l’utenza di riferimento elettivo, si pone i seguenti obiettivi:
Favorire la permanenza dell’anziano nel proprio domicilio;
Costruire o mantenere una rete di relazioni che eviti l’isolamento sociale;
Mantenere elevati livelli di autosufficienza.
Essendo una struttura aperta al territorio, favorisce la cooperazione tra gli utenti stessi, o tra gli anziani e i cittadini, o tra le organizzazioni di volontariato.
I CENTRI SOCIO-RIABILITATIVI
Si tratta di strutture con attività di prestazione assistenziale diurna normalmente destinate all’accoglienza dei disabili, le cui finalità sono:
Offrire ospitalità diurna e assistenza qualificata per soddisfare i bisogni primari e psico-affettivi degli utenti, costruendo per ognuno di essi un progetto socio-riabilitativo che mira all’autonomia personale, ambientale, cognitiva e relazione;
Favorire sostegno e supporto alle famiglie nella gestione del disabile favorendo anche la permanenza nel proprio nucleo familiare;
Favorire l’integrazione sociale degli utenti attivando strategie e opportunità di rapportarsi all’ambiente esterno e gli spazi di vita del territorio.
Le attività che generalmente caratterizzano l’esperienza dei CSR sono:
Attività di assistenza e cura della persona collegate ai bisogni primari e al benessere psicofisico;
Attività educative indirizzate alla autonomia personale;
Attività terapeutico riabilitative mirate all’acquisizione e/o mantenimento delle capacità comportamentali, cognitive e affettivo relazionali;
Attività ludico, motorie e ricreative;
Attività espressive;
Attività di socializzazione e d’uso degli spazi di vita del territorio;
Attività con significato occupazionale.
L’ASSISTENZA DOMICILIARE (CD. HOME CARE)
L’assistenza domiciliare, o home care, è un servizio di base in cui vengono erogate prestazioni integrate tra vari operatori sanitari, assistenziali, la cui sede è il distretto. In alcune regioni è già nata una realtà il distretto socio-sanitario di base, che consente di effettuare interventi integrati di tipo sociale e di tipo sanitario.
Questo tipo di integrazione permette al servizio di assistenza domiciliare un collegamento diretto e immediato con centri sociali, case alloggio per anziani, servizi di accoglienza per minori, agenzie educative, ecc
Per l’aspetto sanitario il collegamento funzionale è previsto e attuato con i consultori familiari e geriatrici, poliambulatori, ospedali diurni e di ricovero continuo, centri di igiene mentale, servizi per tossicodipendenti e handicappati etc. Allo scopo di effettuare interventi mirati al reale bisogno da soddisfare ed evitare ove possibile, il ricorso al ricovero ospedaliero. In tal modo viene favorita la piena realizzazione del servizio di assistenza domiciliare.
Le finalità dell’home care sono:
La valorizzazione e l’attuazione dell’assistenza sanitaria di base coinvolgendo attivamente il singolo, la famiglia e la comunità;
La riorganizzazione del sistema di assistenza sanitaria in funzione della prevenzione delle malattie e non alla semplice cura;
La riduzione dei fattori di rischio ambientali per la salute;
La limitazione delle costose degenze ospedaliere attraverso un programma di deospedalizzazione precoce;
La realizzazione di un servizio infermieristico nel quadro delle cure primarie e secondo un piano di ospedalizzazione domiciliare;
Una più adeguata utilizzazione delle risorse nel campo sanitario e una distribuzione più equa tra cura e assistenza di base;
La garanzia di un facile accesso per tutti i cittadini alle cure primarie, senza disparità alcuna;
Una formazione dei professionisti più mirata e diretta alla prevenzione e all’educazione sanitaria.
La tipologia dell’assistito a domicilio è molto variabile, di norma, comunque si tratta di:
persone anziane;
persone non autosufficienti o con disturbi neurologici dovuti all’età (demenza senile);
persone affette da malattie respiratorie e cardiovascolari;
diabetici cronici;
pazienti oncologico;
pazienti paraplegico o portatori di protesi.
Sono in genere persone che hanno bisogno di aiuto nelle più semplici attività quotidiane, vivono in ambienti spesso inadatti alle loro difficoltà e per le quali la presenza di un operatore qualificato come l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria è supporto indispensabile.
I servizi che devono essere garantiti hanno come premessa essenziale quella di favorire il più possibile la soddisfazione del bisogno reale del soggetto, e sono:
servizio alimentazione, per coloro che non hanno la possibilità di provvedere alla propria nutrizione;
servizio alloggio o casa protetta, specie per anziani autosufficienti che non richiedono cure particolari e non posseggono un proprio domicilio;
servizio recupero e riabilitazione per tossicodipendenti e disadattati;
servizio di lavanderia e guardaroba;
servizio di assistenza psicologica;
servizio di igiene ambientale e di riordino dell’abitazione;
servizio di assistenza infermieristica;
servizio di assistenza medico-geriatrica.
I CONSULTORI
Con la L. 29-7-1975, n. 405, integrata e modificata dalla successiva L. 22-5-1978 n. 194 e, da ultimo dalla L. 19-2-2004, n. 40, è stato previsto un servizio pubblico di assistenza alla famiglia e alla maternità avente come scopi, secondo l’art. 1:
l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e delle famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;
la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica degli utenti;
la tutela della salute fisica della donna e del prodotto del concepimento;
l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di  procreazione medicalmente assistita;
l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare;
la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi e i farmaci adatti a ciascuno caso.
Per la gestione e il funzionamento del servizio di assistenza alle famiglie e ala maternità, l’art. 2 della legge, ha previsto la istituzione , da parte dei Comuni o di loro consorzi, di consultori di assistenza alle famiglia e alla maternità (meglio noti come consultori familiari) in proporzione di una unità ogni ventimila abitanti, senza scopo di lucro.
La struttura e il funzionamento dei consultori pubblici, pur con diversificazioni da zona a zona derivanti da fattori ambientali e socio-economici, si basa in linea di massima su:
un servizio ginecologico spesso affiancato da servizi pediatrici e neonato logico;
un servizio sociale con raggio d’azione molto vasto nel quale sono  generalmente ricompresi gli interventi in favore degli handicappati e tutte le forme di assistenza minorile;
corsi di preparazione al parto;
assistenza al singolo e alla coppia.
I SERT
I servizi per le tossicodipendenze (cd. SERT) già istituiti o da istituire a cura delle aziende U.S.L. si articolano in moduli organizzativi che  esercitano la loro attività in modo sinergico ai consultori familiari, alle strutture per l?AIDS e per le patologie infettive, ai servizi medico-legali, ai laboratori di analisi di riferimento, anche convenzionati agli altri servizi sanitari e sociali che comunque svolgono attività nel settore delle tossicodipendenze.
I SERT costituiscono le strutture di riferimento delle aziende USL per i tossicodipendenti e per le loro famiglie e garantiscono agli interessati la riservatezza degli interventi e, ove richiesto, l’anonimato. I SERT devono assicurare in ogni caso la disponibilità dei principali trattamenti di carattere psicologico, socio-riabilitativo e medico-farmacolgico. I relativi interventi nonché quelli di carattere preventivo, quando obiettive circostanze lo rendano opportuno, sono effettuati domiciliarmente o in altre idonee strutture.
I particolare i SERT provvedono a:
attuare interventi di primo sostegno ed orientamento per i tossicodipendenti e le loro famiglie;
attuare interventi di informazione e prevenzione particolarmente nei confronti delle fasce giovanili di popolazione;
accertare lo stato di salute psicofisica del soggetto anche con riferimento alle condizioni sociali;
certificare lo stato di tossicodipendenza ove richiesto dagli interessati o per le finalità di cui alla L. 162/1990;
definire i programmi terapeutici individuali compresi gli interventi socio-riabilitativi;
realizzare direttamente o in convenzione con le strutture di recupero sociale il programma terapeutico e socio-riabilitativo;
attuare gli interventi di prevenzione della diffusione delle infezioni da HIV e delle altre patologie correlate alla tossicodipendenza, sia nei confronti dei soggetti in trattamento presso i SERT che nei confronti di quelli in trattamento presso le strutture convenzionate e presso altre strutture di riabilitazione;
valutare periodicamente l’andamento e i risultati del trattamento e dei programmi di intervento sui singoli tossicodipendenti in riferimento agli aspetti di carattere clinico, psicologico, sociale, nonché in termini di cessazione di assunzione di sostanze stupefacenti;
rilevare i dati statistici ed epidemiologici relativi alla propria attività e al territorio di competenza.
I SERT assicurano l’erogazione delle attività assistenziali ai tossicodipendenti, nell’arco delle 24 ore e per tutti i giorni della settimana.
LE STRUTTURE OSPEDALIERE
Per strutture ospedaliere nelle quali l’OSS e l’OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria possono espletare le proprie attività professionali si intendono gli ospedali tanto pubblici che privati convenzionati con il SSN (case di cura)
IL RICOVERO ORDINARIO IN OSPEDALE. Ai fini del ricovero (ordinario e programmato) occorre la richiesta  motivata del medico di base e del pediatra di libera scelta accompagnata dalle presentazione  del libretto sanitario. In casi di ricovero d’urgenza e di emergenza (pronto soccorso) viene disposto dal medico di guardia del pronto soccorso.
Le prestazioni rientranti nell’ambito dell’assistenza ospedaliera sono:
prestazioni sanitarie propriamente intese (visita medica, procedure  diagnostiche, interventi di soccorso etc.)
prestazioni alberghiere (vitto, alloggio);
attività di informazione costante, corretta, esaustiva del paziente ricoverato.
L’ospedale, in ottemperanza ai principi dell’uguaglianza, imparzialità e continuità, assicura sempre il ricovero di urgenza riservando i posti letto necessari  sulla base delle affluenze medie. Nel caso che il ricovero non sia possibile o siano necessarie cure  presso altro istituto, l’ospedale provvede al trasferimento con i mezzi e l’assistenza adeguata. L’emergenza e l’urgenza territoriale sono attivate chiamando il n. 118, ove disponibile.
Il ricovero ordinario viene disposto dal medico di reparto preposto all’accettazione che, valutata la reale necessità, provvede al ricovero in caso di disponibilità di posto letto o all’inserimento nella lista dei ricoveri programmati di ogni singola divisione.
Nell’intervallo tra l’inserimento nella lista programmata e l’effettivo ricovero, i medici del reparto interessato assicurano, se necessario, le procedure di pre-ospedalizzazione per disporre gli accertamenti diagnostici ed iniziare, se necessario, un ciclo terapeutico preliminare atto a ridurre il periodo della successiva degenza.
Il ricovero programmato viene preposto:
dal medico ospedaliero;
dal medico di famiglia;
dal medico della guardia medica territoriale;
da un medico specialista.
L’ospedale nel rispetto dei principi di uguaglianza e imparzialità deve predisporre un “registro dei ricoveri ospedalieri ordinari” contenente l’elenco delle attività svolte, nonché i tempi massimi di attesa per ciascun reparto e per le principali patologie.
Il mancato rispetto dei tempi di attesa deve essere sempre motivato.
L’AUSL, in caso di impossibilità di garantire tempestivamente e in forma adeguata al caso clinico l’intervento o le prestazioni necessarie e previo parere del Centro Regionale di Riferimento, concede l’autorizzazione al ricovero presso strutture di altissima specializzazione non convenzionate in Italia e all’estero.
La richiesta di autorizzazione presentata dall’utente dovrà essere accompagnata da una relazione del medico specialista contenente precisi riferimenti a: paziente; diagnosi e cronista clinica del paziente; tipo di intervento o trattamento terapeutico che deve essere praticato; necessità, per le particolari condizioni cliniche, di accompagnatore e di trasporto prescelto;dichiarazione sull’impossibilità di effettuare l’intervento o le prestazioni necessarie, tempestivamente e in forma adeguata al caso clinico, da parte delle  strutture pubbliche o convenzionate con il servizio Sanitario Nazionale contattate.
L’ospedalizzazione domiciliare è una forma alternativa al ricovero. E’ attivata dallo specialista ospedaliero, anche su richiesta dell’utente, ogni qualvolta ciò si possibile ed in relazione a programmi definiti di  intervento per alcune patologie particolari (es. gravidanze a rischio, anziani e malati terminali). L’utente sarà seguito al suo domicilio da medici e personale infermieristico ospedaliero, integrato dal personale sanitario distrettuale/territoriale.
IL RICOVERO IN DAY HOSPITAL Il day hospital fa parte del servizio ospedaliero e accoglie, in alternativa al ricovero, soggetti che necessitano di trattamenti terapeutici, oppure  diagnostici, per un arco di tempo limitato. Offre i seguenti servizi:
attività alberghiera (preparazione dei pasti);
assistenza diretta;
attività sanitaria;
riabilitazione;
terapia occupazionale;
attività ricreative;
assistenza sociale.
Nell’erogazione di siffatti servizi, l’operatore addetto all’assistenza  (OSS e OSS con formazione complementare in assistenza sanitaria) collabora con l’infermiere nelle attività dell’ assistenza di base: igiene, alimentazione, vestizione, deambulazione etc. E, nel caso di pazienti autosufficienti, provvede autonomamente a garantire tali prestazioni. Provvede, inoltre, a svolgere tutte le attività inerenti all’igiene e al comfort ambientale. Data la molteplicità delle esigenze e la complessità delle prestazioni è necessario organizzare il lavoro in équipe con il personale medico, infermieristico e sociale.
La frequenza con cui un paziente si reca al day hospital può variare, ma in genere si aggira sulle tre a settimana. L’orario di un day hospital va dalle 9.00 alle 16.30-17.00. Gli scopi sono i seguenti:
effettuare visite mediche, analisi cliniche e di laboratorio e terapie varie per persone che ne hanno bisogno pur godendo di una discreta assistenza in casa;
permettere il proseguimento e il controllo di terapie cominciate durante il ricovero in ospedale, in vista dell’ottenimento di una più completa autonomia del paziente e di un suo reinserimento nella collettività;
sollevare i parenti, per alcune volte alla settimane, dell’onere dell’assistenza e, al tempo stesso, garantire all’ammalato cure riabilitative appropriate e contatti sociali;
iniziare la terapia dei pazienti che sono in attesa di ricovero all’ospedale per cure mediche e riabilitative più intense;
aiutare quei pazienti che hanno difficoltà nei rapporti sociali o che, senza un supporto di questo tipo, correrebbero il rischio di peggiorare dopo la dimissione dall’ospedale.
In qualche caso, specie nei day hospital a orientamento psichiatrico, quando le liste di attesa per i ricoveri in ospedale sono troppo lunghe anche per i casi urgenti, i pazienti che ne hanno bisogno usufruiscono del day hospital nell’attesa del ricovero.
La struttura dell’edificio può essere molto semplice, costituita fondamentalmente da un ampio locale con qualche piccola stanza per l’amministrazione e le visite individuali. Meglio se c’è un ambiente separato per le attività riabilitative come la fisioterapia e la terapia occupazionale.
Con il termine day hospital geriatrico si intende una forma d’ospedalizzazione diurna nella quale si effettuano terapie di durata limitata e interventi chirurgici che non richiedono la degenza dei pazienti (day surgery). Il day hospital geriatrico è indicato per l’anziano, che cosi può usufruire di diagnosi  e cure appropriate e, nello stesso tempo, evitare l’allontanamento eccessivo dal proprio nucleo familiare. Uno dei vantaggi principali del day hospital geriatrico è quello di poter intervenire sulle determinanti cognitive, somatiche e psicologiche che sono la vera causa di una ridotta autosufficienza.

igiene

IGIENE
L’igiene è quella branca della medicina che mira alla tutela della salute collettiva e individuale mediante la prevenzione. Ogni intervento di tipo preventivo attuato a tutela della salute sostenuto dallo studio della frequenza e delle modalità di diffusione delle malattie (epidemiologia) e si evidenzia in indicazioni volte a suggerire le misure di protezione sanitaria dei singoli individui (salute individuale) e delle popolazioni (salute pubblica) con riferimento a quest’ultima, a tutte quelle condizioni ambientali (lavoro, urbanizzazione, inquinamento, dissesto ecologico, trasporti) che posso alterare lo stato di salute.
La tutela dello stato di salute è condizionata da molteplici fattori  (sanitari, epidemiologici, sociali, culturali, economici, ambientali, individuali); è per questo che essa è, e deve essere il risultato di una’azione sinergica di più specialità: l’epidemiologia, la medicina sociale che affronta le malattie dal punto di vista degli effetti del rapporto tra l’uomo e l’ambiente in cui vive, la sanità pubblica, che abbraccia la prevenzione e il controllo dell’ambiente, la medicina preventiva che si occupa della prevenzione delle malattie del singolo individuo.
EPIDEMIOLOGIA DELE MALATTIE INFETTIVE
La conoscenza della frequenza e delle modalità di diffusione delle malattie è condizione indispensabile per poter attuare misure efficaci di prevenzione. Gli agenti biologici potenzialmente capaci di dare luogo a infezioni e determinare l’insorgenza di malattia (espressione clinica dell’infezione) si differenziano tra loro sia per le caratteristiche proprie che per la loro pericolosità (infettività, patogenicità, virulenza)
Le caratteristiche dei microrganismi a cui si fa riferimento riguardano sostanzialmente la struttura e le modalità di azione all’interno dell’organismo. In relazione a esse si possono distinguere:
VIRUS – microrganismi particolarmente piccoli, visibili solo al microscopio elettronico. Non hanno capacità di vita propria; infatti, per vivere e riprodursi necessitano di una struttura più complessa, la cellula, all’interno della quale sistematicamente s’insediano;
BATTERI – microrganismi più grandi dei virus, visibili al microscopio ottico. A differenza dei primi hanno capacità di vita propria e la loro sopravvivenza all’interno dell’organismo che li ospita è indipendente dalla “struttura cellula”;
MICETI (FUNGHI) – organismi più grandi e con una struttura più articolata dei batteri, molto difficili, una volta insediati, da debellare. Sono per fortuna relativamente poche le tipologie di miceti in grado di provocare malattie nell’uomo;
PROTOZOI – organismi monocellulari più grandi dei batteri, si rigenerano ricorrendo a modalità piuttosto complesse. Sono visibili al microscopio ottico.
La sopravvivenza, cosi come la riproducibilità degli agenti biologici e, di conseguenza, la loro capacità di provocare “malattia”, è subordinata alla coesistenza di alcune condizioni che sono rappresentate dalla temperatura, dall’umidità, dall’ossigeno e dal nutrimento.
TEMPERATURA: I batteri crescono bene a una temperatura di 37 °C; a temperature più basse rallentano la loro moltiplicazione e, al di sotto dei 10°, la loro riproduzione si arresta. Temperature molto elevate, superiori a 60 °C, sono invece incompatibili con la sopravvivenza.
I virus, se esposti a temperature intorno ai 60 °C per un periodo sufficiente lungo (in genere mezz’ora), non sopravvivono. Temperature di 60°C sono incompatibili anche con la sopravvivenza di miceti e protozoi.
UMIDITA’: tutti gli agenti biologici necessitano di una certa percentuale di umidità, diversa per ogni tipologia,al di sotto o al di sopra della quale ne è inibito lo sviluppo.
OSSIGENO: alcuni agenti biologici vivono bene solo in presenza di ossigeno (alcuni tipi di batteri, i miceti) altri, invece, vivono bene solo in assenza di ossigeno (altri tipi di batteri)
NUTRIMENTO: Tra i diversi agenti biologici, alcuni, come per esempio i batteri, sono in grado di provvedere in modo autonomo al loro nutrimento, altri, come per esempio i virus, hanno bisogno di un ospite (la cellula) dal quale trarre quanto necessario alla loro sopravvivenza.
MODALITA’ DI TRASMISSIONE DELLE MALATTIE INFETTIVE
Gli agenti biologici, per dar luogo a infezione e determinare l’insorgenza di malattia, non solo devono insediarsi in un ospite e riprodursi, ma devono anche essere trasmessi. Le modalità e le circostanze che insieme concorrono a realizzare la trasmissione dei microrganismi, pongono in essere quella che viene definita la catena dell’infezione. Gli elementi che la compongono sono il serbatoio, l’ospite, i vettori e i veicoli.
I serbatoi più significativi sono rappresentati dall’uomo e dagli animali. I portatori si possono distinguere:
Portatore precoce, che è il soggetto nel periodo che va dal momento in cui questi è venuto in contatto con il microrganismo al momento in cui si conclama la malattia;
Portatore malato, che , ovviamente, è il soggetto nel periodo della malattia;
Portatore convalescente, che è il soggetto non più malato, ma che non ha ancora concluso l’eliminazione dei microrganismi che hanno cagionato al malattia;
Portatore cronico, cioè colui che , pur essendosi ristabilito dalla malattia, seguita a espellere i microrganismi responsabili della stessa
Portatore sano, che è il soggetto che ospita stabilmente o temporaneamente il microrganismo pur non sviluppando malattia.
Gli agenti capaci di provocare malattia entrano in contatto con l’ospite attraverso le vie di penetrazione, che sono diverse per le diverse tipologie di agenti, ma in genere coincidono con le vie attraverso le quali gli stessi vengono eliminati (vie di eliminazione), possono essere le seguenti:
Respiratoria (espettorato, saliva, escreti orofaringei);
Ematica (sangue);
Digerente (alcuni microrganismi possono penetrare nell’organismo veicolati dagli alimenti);
Intestinale (feci);
Urinaria (urine);
Genitale (secrezioni genitali);
Congiuntivale(secreto lacrimale);
Cutanea (pelle)
L’ospite a cui, nello specifico, si fa riferimento è l’uomo. Tra i veicoli, quelli da considerare con attenzione sono:
Aria – soprattutto quella confinata, risulta essere molto adatta per i microrganismi;
Acqua;
Suolo;
Alimenti – questi, sia all’origine sia nelle fasi di preparazione, confezionamento e conservazione, possono rappresentare un veicolo per i microrganismi;
Mani – sono universalmente considerate il principale veicolo di infezione.
La trasmissione degli agenti biologici può essere diretta o indiretta. In entrambe le modalità il contatto può essere obbligato o facoltativo. Il contatto diretto talvolta è obbligato perché solo cosi può essere trasmesso il microrganismo; altre volte è facoltativo perché, oltre che per contatto diretto, l’agente patogeno può essere trasmesso anche attraverso veicoli o vettori.
La conoscenza dei microrganismi, delle vie di penetrazione e di eliminazione, lo studio del loro ciclo biologico e delle modalità di trasmissione, ha consentito agli esperti di definire le strategie da attuare per impedire, o quanto meno limitare, la diffusione delle malattie infettive. E’ possibile differenziare la profilassi in:
Profilassi diretta, che contempla tutte le misure adottate per agire direttamente sulla catena dell’infezione. Queste misure comprendono:
Denuncia o notifica della malattia infettiva, prevista per latro dalla normativa;
Isolamento e contumacia, diversi per le diverse malattie;
Disinfezione;
Sterilizzazione;
Disinfestazione.
Profilassi indiretta, che ha lo scopo di intervenire sulla situazione igienico-sanitaria dell’ambiente per migliorarla;
Profilassi specifica, il cui obiettivo è quello di creare le condizioni affinché l’organismo possa tutelarsi, in maniera più o meno duratura, dai microrganismi capaci di provocare malattia.
Questa profilassi comprende:
Immunoprofilassi attiva o vaccino-profilassi, la quale determina la produzione di anticorpi specifici da parte dell’organismo, perché messo in contatto con i microrganismi opportunamente trattati (per non scatenare la malattia). L’immunoprofilassi attiva può anche essere naturale, se la produzione di anticorpi non è mediata da una vaccino ma è il risultato di un contatto “naturale” con il microrganismo. In entrambi i casi, la tutela è di lunga durata;
Immunoprofilassi passiva, nella quale non vi è un ruolo attivo da parte dell’organismo, in quanto gli vengono forniti anticorpi già pronti, prodotti da altri (uomo, animale). La tutela è di breve durata;
Chemioprofilassi, che consiste nella somministrazione di farmaci particolari, aventi la funzione di impedire l’insorgenza della malattia, in alcuni casi, o di attenuare la manifestazione, in altri.
INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA
Queste infezioni, che per essere considerate tali devono sempre essere associate a una specifica attività assistenziale, comprendono numerose complicanze di tipo infettivo. Quelle che si manifestano con maggiore frequenza sono le infezioni del tratto urinario. Lacune tipologie di infezioni spesso si manifestano dopo la dimissione dall’ospedale, es. le infezioni della ferita chirurgica.
Tra i fattori di rischio di insorgenza di infezioni correlate all’assistenza vanno considerate in particolare, condizioni cliniche o patologiche ( soggetti immunodepressi) che aumentano la suscettibilità alle infezioni della persona che ne è affetta e le procedure diagnostiche o terapeutiche di carattere invasivo. Infine, non va dimenticata la possibile contaminazione dei dispositivi da parte delle mani degli operatori durante l’uso.
La prevenzione di questa tipologia di infezioni si attua sia attraverso programmi di controllo sia attraverso l’adozione di misure di profilassi diretta e indiretta. La profilassi diretta, come per le malattie infettive, ha come obiettivo l’azione sulla catena dell’infezione e comprende:
Lavaggio delle mani;
Pulizia;
Sanificazione;
Disinfezione;
Sterilizzazione.
La profilassi indiretta, considerata da alcuni di dubbia o relativa efficacia, ha lo scopo di implementare le difese del soggetto considerato a maggior rischio di contrarre infezioni.
MISURE DI PROFILASSI
L’ isolamento, importante misura di profilassi delle malattie infettive, ha come fine quello di agire sulla trasmissione delle stesse interrompendola, assicurando in tal modo la tutela del contagio ai malati, agli operatori e ai visitatori. I Centers for Desease Control and Prevention (CDC) hanno rivisto e rielaborato le linee guida relative alle norme di isolamento in ospedale. In esse sono contenute numerose precauzioni, ordinate su due livelli, malati e visitatori si devono sistematicamente e scrupolosamente attenere. Le precauzioni standard applicabili a sangue, liquidi biologici, escrezioni e secrezioni; e le precauzioni definite sulla base delle modalità di trasmissione e quindi specifiche per le diverse malattie.
Precauzioni standard che devono essere usate per la cura di tutti i pazienti ospedalizzati.
Lavaggio delle mani: lavarsi le mani dopo aver toccato sangue, liquidi biologici, secrezioni, escrezioni e oggetti contaminati, anche se sono stati usati guanti. Lavarsi le mani immediatamente dopo aver sfilato i guanti e tra il contatto con un paziente e l’altro.
Guanti: indossare i guanti quando si toccano sangue, liquidi biologici, secrezioni, escrezioni e oggetti contaminati. Indossare i guanti immediatamente prima di un contatto con non integra o con mucose. Sfilare i guanti subito dopo l’uso, prima di toccare oggetti non contaminati e superfici ambientali, e prima di passare a un altro paziente. Lavarsi le mani immediatamente per evitare di trasportare microrganismi ad altri pazienti o all’ambiente.
Maschere occhiali e schermi facciali protettivi: indossare maschera e occhiali protettivi o uno schermo facciale per proteggere le mucose di occhio, naso e bocca durante procedure e attività di assistenza al paziente che possono dar luogo a schizzi o aerosol di sangue, liquidi biologici, secrezioni ed escrezioni.
Camici: indossare un camice pulito per proteggere la cute e prevenire l’imbrattamento degli abiti durante le procedure a le attività di assistenza al paziente in cui verosimilmente si possano generare schizzi o aerosol di sangue, liquidi biologici, secrezioni ed escrezioni o si possono imbrattare gli abiti. Togliersi i camici imbrattati non appena possibile e lavarsi le mani per evitare di trasferire microrganismi ad altri pazienti o all’ambiente.
Strumentario: manipolare lo strumentario usato che sia contaminato con sangue, liquidi biologici, secrezioni ed escrezioni in modo da prevenire contaminazione cutanee e mucose, del vestiario e il trasferimento di microrganismo ad altri pazienti o all’ambiente. Lo strumentario riutilizzabile deve essere trattato in modo appropriato prima di essere usato su altro paziente. I presidi monouso devono essere eliminati in modo appropriato.
Biancheria: manipolare, trasportare e trattare la biancheria usata imbrattata con sangue, liquidi biologici, secrezione ed escrezioni in modo da prevenire contaminazioni cutanee e mucose e del vestiario.
Eliminazione degli aghi: fare attenzione a prevenire gli incidenti quando vengono usati aghi, bisturi e altri strumenti o presidi taglienti; quando vengono maneggiati strumenti taglienti dopo l’uso; quando si puliscono strumenti usati; quando si eliminano aghi usati. Non re incappucciare mai aghi usati né manipolarli con qualsiasi altra tecnica in cui la punta dell’ago sia diretta verso qualsiasi parte del corpo. Non rimuovere gli aghi usati dalle siringhe con le mani e non piegare, rompere o manipolare in altro modo gli aghi usati. Porre gli aghi e le siringhe monouso usate, le lame di bisturi e latri strumenti taglienti in appropriati contenitori resistenti alla puntura che devono trovarsi il più vicino possibile all’area in cui i presidi vengono utilizzati. Porre il materiale riutilizzabile in un contenitore resistente alle punture per il trasporto fino all’area di sterilizzazione.
Materiale per la rianimazione: usare boccagli per la rianimazione o latri presidi per la rianimazione  in alternativa alla rianimazione bocca a bocca nelle aree in cui si prevede possa presentarsi la necessità di praticare la rianimazione.
Sistemazione del paziente: un paziente che non è collaborante per quanto attiene al rispetto delle norme relative al controllo dell’igiene ambientale, va posto in una stanza singola.
Precauzioni basate sulla modalità di trasmissione
Le precauzioni per le malattie a trasmissione aerea devono essere utilizzate in aggiunta alle precauzioni standard per i i pazienti con infezione accertata o sospetta attraverso microrganismi trasmissibili per via aerea attraverso nuclei di droplet (di piccole dimensioni, 5 micron o meno).
Sistemazione del paziente: il paziente deve essere sistemato in una stanza singola, provvista di un sistema di aerazione rispondente a specifici requisiti (sistema di scarico dell’aria all’esterno, o di riciclo dell’aria, sistema di filtraggio). Il paziente non deve uscire dalla stanza.
Protezione respiratoria: indossare un sistema di protezione respiratoria quando si entra nella stanza di un paziente con tubercolosi contagiosa nota o sospetta. Non entrare nella stanza di pazienti affetti da morbillo o varicella se non si è immuni da queste infezioni (tubercolosi, morbillo, varicella).
Trasporto del paziente: limitare gli spostamenti e il trasporto del paziente ai soli scopi essenziali. Se il trasporto o lo spostamento sono necessari, rendere minima la diffusione di droplet da parte del paziente facendogli indossare una mascherina chirurgica.
Precauzioni per il contagio da droplet vanno usate, in aggiunta alle precauzioni standard per pazienti con infezioni sospette o accertate da parte di microrganismi trasmessi tramite droplet più grandi di 5 micron che possono essere trasmesse attraverso la tosse, gli starnuti, l’emissione della voce e durante procedure quali l’aspirazione delle secrezioni:
Sistemazione del paziente: in una stanza singola o in una stanza con un paziente che abbia un’infezione attiva dovuta allo stesso microrganismo ma non altre infezioni. Se questo non è possibile, mantenere una separazione di almeno un metro tra il paziente infetto e altri pazienti o visitatori.
Uso di maschere: indossare una maschera se si lavora entro il raggio di un metro dal paziente.
Trasporto del paziente; limitare i movimenti del paziente e trasportarlo solo se strettamente necessario. Se il trasporto o il movimento del paziente sono necessari, rendere minima l’emissione di droplet da parte del paziente facendogli indossare una maschera chirurgica.
La meningite, la pertosse, la rosolia sono alcuni esempi di malattie che richiedono l’applicazione delle precauzioni per la trasmissione tramite droplet.
Precauzioni per la trasmissione da contatto vanno usate, in aggiunta alle precauzioni standard, nei casi sospetti o accertati di pazienti con infezione o colonizzazione da parte di microrganismi epidemiologicamente importati che possono essere trasmessi attraverso le mani o per contatto cutaneo o per contatto indiretto attraverso le superfici ambientali o gli oggetti usati per l’assistenza al paziente nella sua stanza
Sistemazione del paziente: in una stanza singola o in una stanza con un paziente che abbia un0infezione attiva dovuta allo stesso microrganismo ma non altre infezioni.
Uso dei guanti e lavaggio delle mani: indossare i guanti prima di entrare nella stanza del paziente. Togliersi i guanti prima di uscire e lavarsi le mani con un sapone antibatterico. Dopo essersi sfilati i guanti e aver provveduto al lavaggio delle mani, assicurarsi di non toccare con le mani superfici ambientali potenzialmente contaminate.
Uso dei camici: indossare un camice prima di entrare nella stanza del paziente se si prevede che il vestiario possa avere un contatto prolungato con il paziente, con le superfici ambientali, o con gli oggetti nella stanza del paziente, o se il paziente è incontinente o è portatore di ileostomia o ha una ferita da cui fuoriesce pus non trattenuto dalla medicazione. Sfilarsi il camice prima di lasciare l’ambiente del paziente. Dopo essersi sfilati il camice,assicurarsi che i vestiti non entrino in contatto con superfici ambientali potenzialmente contaminate.
Trasporto del paziente: limitare i movimenti del paziente e trasportarlo solo se strettamente necessario. Se il paziente viene trasportato fuori dalla sua stanza, assicurarsi che le precauzioni siano mantenute.
Controllo sull’ambiente:assicurarsi che gli oggetti per l’assistenza del paziente, gli effetti letterecci e le superfici toccate frequentemente dal paziente siano puliti quotidianamente.
Strumentario per l’assistenza del paziente. Se possibile, dedicare l’uso degli strumenti di assistenza non critici quali stetoscopi, sfigmomanometri, padelle, termometria un singolo paziente per evitare l’uso in comune con altri pazienti. Se l’uso in comune di tali oggetti è inevitabile, gli oggetti vanno adeguatamente puliti  e disinfettati prima di essere usati per altri pazienti.
Le ulcere da compressione, la scabbia, la pediculosi, le infezioni da microrganismi enterici sono alcuni esempi di condizioni che richiedono precauzioni per la trasmissione da contatto.
LAVAGGIO DELLE MANI
Essendo le mani uno dei maggiori veicoli di infezione, è assolutamente indiscutibile la rilevanza di questa procedura nella prevenzione delle stesse. Essa, se correttamente attuata, agisce sulla trasmissione dei microorganismi, interrompendo un’importante magli della catena epidemiologica, e consente la prevenzione di infezioni connesse all’effettuazione di attività assistenziali.
sulla cute sono solitamente presenti due tipologie di microrganismi. La prima è caratterizzata dalla cosidetta Flora residente, costituita da microrganismi Gram posotivi, eorobi. Questi microrganismi vivono e si moltiplicano sulla cute e, se non veicolati all’interno dell’organismo attraverso procedure invasive, in genere non danno luogo ad infezioni. La seconda è, invece, costituita dalla Flora definita transitoria. I microrganismi che la compongono sono Gram negativi, anaerobi, che non sopravvivono sulla cute più di 24 ore. Se questi ultimi, veicolati dalle mani, entrano in contatto con un soggetto suscettibile, sono in grado di provocare infezioni con estrema facilità.
Mentre la flora resistente è difficilmente allontanabile con il lavaggio delle mani, quella transitoria è facilmente rimovibile con questa procedura.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha individuato 5 momenti per l’igiene delle mani.
PRIMA DEL CONTATTO CON IL PAZIENTE per proteggerlo nei confronti di microrganismi potenzialmente capaci di provocare malattia presenti sulle mani dell’operatore. Ad es.
gesti di cortesia: prendere il braccio, stringere la mano;
contatto fisico diretto: aiutare la persona assistita nelle attività di vita quotidiana, camminare, lavarsi ecc;
aiuto all’infermiere nella rilevazione di alcuni parametri: misurazione del peso, dell’altezza ecc;
visita clinica: valutare il polso, misurare la pressione, auscultare il torace, palpare l’addome.
PRIMA DI UNA MANOVRA ASETTICA per proteggere le persone assistite da agenti potenzialmente capaci di provocare malattia, compresi quelli appartenenti alla persona assistita. Ad es.
contatto con membrane mucose: igiene orale/dentale, somministrazione di collirio, aspirazione di secrezioni;
contatto con cute non integra: igiene delle lesioni cutanee, medicazione delle ferite, iniezione sottocutanea;
contatto con presidi medici: inserimento di catetere, apertura di un accesso vascolare o di un sistema di drenaggio;
preparazione di cibo, medicazioni, set di bendaggio.
DOPO UN’ESPOSIZIONE A RISCHIO A UN LIQUIDO CORPOREO per proteggere gli operatori e l’ambiente sanitario nei confronti di microrganismi potenzialmente capaci di provocare malattia. Ad es.
contatto con membrane mucose e cute non integra: prima di una manovra asettica;
contatto con presidi medici o con campioni clinici:
prelievo o manipolazione di qualsiasi campione fluido, apertura di un sistema di drenaggio, inserzione e rimozione di un tubo endotracheale;
eliminazione di urine, feci e vomito; manipolazione di rifiuti (bendaggi, pannolini, padelle), pulizia di materiali o aree contaminate o visibilmente sporche (sanitari, strumentazione medica).
DOPO IL CONTATTO CON CIO’ CHE STA ATTORNO AL PAZIENTE  per proteggere gli operatori e l’ambiente sanitario nei confronti di microrganismi potenzialmente capaci di provocare malattia. Ad es.
gesti di cortesia: prendere il braccio, stringere la mano;
contatto fisico diretto: aiutare la persona assistita nelle attività di vita quotidiana, camminare lavarsi, ecc;
aiuto all’infermiere nella rilevazione di alcuni paramentri: misurazione del peso, dell’altezza ecc;
visita clinica: valutare il polso, misurare la pressione, auscultare il torace, palpare l’addome.
DOPO IL CONTATTO CON CIO’ CHE RESTA ATTORNO AL PAZIENTE  per proteggere gli operatori e l’ambiente sanitario nei confronti di microrganismi potenzialmente capaci di provocare malattia. Ad es.
cambiare le lenzuola, modificare la velocità di infusione, regolare l’allarme di un monitor, regolare la sponda del letto, pulire il comodino.

L’igiene delle mani nei momenti raccomandati è imprescindibile dall’uso dei guanti; a determinare la correttezza, quando questa viene effettuata con acqua e sapone, concorrono tre elementi:
acqua;
sapone; è preferibile l’uso di saponi liquidi, in quanto i saponi solidi costituiscono un ricettacolo di microrganismi e ne favoriscono la trasmissione. Il sapone utilizzato può essere semplice o antibatterico. Il primo si utilizza nel lavaggio routinario delle mani, il secondo quando c’è un contatto diretto tra la cute delle mani dell’operatore e i liquidi organici del malato (lavaggio antisettico);
strofinamento è un’azione meccanica importantissima che, insieme al sapone, favorisce la rimozione dello sporco e dei microrganismi presenti sulla cute. L’azione di strofinamento, per essere considerata efficace, deve protrarsi per un tempo non inferiore a 10 secondi.
Vi sono poi situazioni specifiche, come l’esecuzione di procedure particolari (posizionamento di cateteri vescicali, venosi ecc.) e gli interventi chirurgici, per le quali durata e modalità di lavaggio sono diverse. Nel primo caso (lavaggio antisettico) il tempo è di circa 2 minuti: si usa sempre un sapone antibatterico e si estende il lavaggio anche agli avambracci. Nel secondo caso (lavaggio chirugico), il tempo va dai 2 ai 5 minuti ed è previsto l’uso di spazzolini imbibiti di soluzione disinfettante per lavare mani e avambracci.
accanto al lavaggio delle mai con acqua e sapone – detergente o disinfettante in relazione al tipo di lavaggio necessario all’attività da eseguire o eseguita – va ricordata l’igiene delle mani con la soluzione alcolica. Questa sostanza a base alcolica non sostituisce il lavaggio con acqua e sapone antisettico. Il suo impiego nei 5 momenti raccomandati è indicato quando le mani non sono visibilmente sporche. Non è, per conto, raccomandato quando le mani sono contaminate da liquidi organici o visibilmente sporche, circostanze in cui è indispensabile il ricorso all’acqua e all’antisettico.
Lavare le mani, però, non basta a favorire la prevenzione delle infezioni, ma è necessario adottare alcuni accorgimenti:
le unghie devono essere mantenute corte e pulite;
non va utilizzato lo smalto per le unghie,poiché  l increspature della superficie ungueale smaltata sono ricettacoli per i microrganismi;
non devono essere portate unghie artificiali nelle attività che comportano un contatto diretto con ala persona assistita;
non vanno indossati anelli, bracciali, orologi, che oltre ad essere ricettacolo di microrganismo, impediscono il corretto lavaggio delle mani;
eventuali lesioni, abrasioni o escoriazioni della cute vanno adeguatamente curate e protette, in quanto ogni interruzione di continuità rappresenta una porta di ingresso per i microrganismi, oltre che un luogo adatto al loro sviluppo e alla loro moltiplicazione;
la cura delle mani deve essere sistematica: è raccomandato l’uso, almeno una volta al giorno, di una crema o di una lozione protettiva; le mani non devono essere lavate di routine con acqua e sapone prima o  dopo l’utilizzo di un prodotto a base alcolica; non deve essere utilizzata acqua calda per il risciacqua delle mani; è importante dopo aver frizionato le mani con un prodotto a base alcolica o dopo averle lavate con acqua e sapone, lasciarle asciugare completamente prima di indossare i guanti.
LAVAGGIO SOCIALE DELLE MANI
regolare la temperatura dell’acqua alla temperatura più confortevole;
bagnare le mani con l’acqua;
applicare una quantità di sapone sufficiente per coprire tutta la superficie delle mani;
Frizionare le mani palmo contro palmo;
Portare il palmo destro sopra il palmo sinistro intrecciando le dita tra loro e viceversa;
Appoggiare palmo contro palmo intrecciando le dita tra loro;
Appoggiare il dorso delle dita contro il palmo opposto tenendo le dita strette tra loro;
Effettuare una frizione rotazionale del pollice sinistro stretto nel palmo destro e viceversa;
Effettuare una frizione rotazionale, in avanti e  indietro, con le dita della mano destra strette tra loro nel palmo sinistro e viceversa;
Risciacquare le mani con l’acqua;
Asciugare accuratamente con una salvietta monouso;
Usare la salvietta per chiudere il rubinetto.
Il tempo necessario a effettuare correttamente il lavaggio delle mani con acqua e sapone è di 40-60 secondi; il luogo in cui il lavaggio deve essere effettuato è un lavandino, di materiale non poroso (facile da decontaminare, detergere e disinfettare) dotato di rubinetto a gomito o a pedale.
LAVAGGIO ANTISETTICO DELLE MANI
regolare la temperatura dell’acqua alla temperatura più confortevole;
bagnare le mani con l’acqua;
applicare una quantità di sapone antisettico sufficiente per coprire tutta la superficie delle mani;
Sfregare accuratamente le mani, gli spazi sotto le unghie e gli spazi interdigitali, la zona periungueale ;
Frizionare le mani palmo contro palmo; Portare il palmo destro sopra il palmo sinistro intrecciando le dita tra loro e viceversa; Appoggiare palmo contro palmo intrecciando le dita tra loro; Appoggiare il dorso delle dita contro il palmo opposto tenendo le dita strette tra loro; Effettuare una frizione rotazionale del pollice sinistro stretto nel palmo destro e viceversa;Effettuare una frizione rotazionale, in avanti e  indietro, con le dita della mano destra strette tra loro nel palmo sinistro e viceversa;
Procedere così per un tempo che va da 1 a 2 minuti;
 Estendere il lavaggio al polso e a parte dell'avambraccio;
 Sciacquare accuratamente le mani e i polsi, tenendo le mani in alto in modo da non contaminarle nuovamente;
 Asciugare accuratamente tamponando con una salvietta monouso senza lasciare zone di umidità;
 Asciugando, procedere dalle mani verso il gomito, usando una salvietta per ciascuna delle mani;
 Eliminare la salvietta dopo averla usata per chiudere il rubinetto se comandato a mano.

LAVAGGIO CHIRURGICO DELLE MANI
Regolare la temperatura dell’acqua alla temperatura più confortevole;
Bagnare uniformemente mani e avambracci fino a 2 dita al di sopra della piega dei gomiti, tenendo le mani più alte rispetto ai gomiti;
Prendere uno spazzolino sterile, bagnarlo e applicarvi sopra l’antisettico;
Distribuire uniformemente 5 ml di soluzione antisettica, premendo la leva del dispenser con il gomito;
Strofinare accuratamente facendo particolare attenzione agli spazi ungueali ed interdigitali per 2 minuti, procedendo in un unico senso dalle mani ai gomiti;
Risciacquare prima le mani e dopo gli avambracci avendo cura di tenere le mani al disopra del livello dei gomiti per evitare che l’acqua dagli avambracci coli sulle mani;
Spazzolare le unghie per 30 secondi per mano, quindi lasciar cadere lo spazzolino nel lavandino; dorso e avambracci non vanno spazzolati;
Risciacquare mani e avambracci come precedente detto;
Asciugare mani e avambracci con un panno sterile: va asciugato prima ciascun dito, quindi la restante parte della mano, e ,da ultimo l’avambraccio sino alla piega del gomito con movimento circolare, avendo cura di non ripassare dall’avambraccio alla mano.

IGIENE DELLE MANI ATTRAVERSO LA FRIZIONE CON SOLUZIONE ALCOLICA
Versare nel palmo della mano una quantità di soluzione sufficiente per coprire tutta la superficie delle mani
Frizionare le mani palmo contro palmo;
Portare il palmo destro sopra il palmo sinistro intrecciando le dita tra loro e viceversa;
Appoggiare palmo contro palmo intrecciando le dita tra loro;
Appoggiare il dorso delle dita contro il palmo opposto tenendo le dita strette tra loro;
Effettuare una frizione rotazionale del pollice sinistro stretto nel palmo destro e viceversa;
Effettuare una frizione rotazionale, in avanti e indietro, con le dita della mano destra strette tra loro nel palmo sinistro e viceversa.
Il tempo necessario all’igiene delle mani con soluzione alcolica è di 20 – 30 secondi, può essere effettuata in qualsiasi luogo
USO DEI GUANTI
I guanti sono un’importante mezzo di prevenzione perché creano una vera e propria barriera fisica. Lo scopo del loro uso è, infatti, quello di separare la cute delle man dell’operatore dall’ambiente esterno. Essi, pertanto, vanno considerati, non solo come dispositivi utili alla prevenzione delle infezioni (tutela del malato), ma, proprio per questo, anche come dispositivi di protezione individuale (tutela dell’operatore).
I guanto sono diversi per caratteristiche, in relazione all’utilizzo che se ne deve fare. All’interno delle strutture sanitarie, le principale tipologie di guanti di cui l’operatore dispone sono :
Guanti in lattice non sterile – sono di origine naturale, si adattano bene alla mano, perché elastici. Vanno utilizzati in tutte quelle circostanze in cui vi è contatto diretto con materiale organico;
Guanti  in lattice sterile – vanno utilizzati tutte le volte che si effettuano attività che richiedono assoluta sterilità (medicazioni particolari, posizionamento di catetere vescicale, venoso ecc);
Guanti in PVC non sterile -  sono sintetici, non elastici, e vanno utilizzati per procedure che non determinano un contatto diretto con liquidi organici;
Guanti in nitrile – non sono di origine naturale. Costituiscono una valida alternativa al lattice nei casi di allergia a quest’ultimo. Inoltre, l’uso di questi guanti, date le loro caratteristiche (offrono maggiore protezione rispetto al lattice), è indicato per la manipolazione di particolari tipi di farmaci;
Guanti in vinile – anche questi non sono di origine naturale e , come i guanti in nitrile, rappresentano un’alternativa al lattice nei casi di allergia. Offrono minore protezione del lattica e del nitrile e quindi necessitano di una sostituzione più frequente;
Guanti in filo di scozia – sono utilizzati dagli operatori che hanno manifestato allergie al lattice. Vengono,  infatti, indossati sotto i guanti di lattice per evitare il contatto diretto di quest’ultimo con la cute;
Guanti di gomma – vengono indossati, in genere, per lo svolgimento delle attività domestico-alberghiere, per la pulizia di arredi, di strumenti e di apparecchiature;
L’uso dei guanti non sostituisce l’igiene delle mani. Inoltre i guanti devono essere utilizzati secondo le indicazioni dell’OMS solo nelle circostanze indicate (vedi tabella); se impiegate in modo improprio rappresentano uno tra i maggiori fattori di rischio per la trasmissione di microrganismi.


DISINFEZIONE
o anche detta antisepsi è un’operazione che consente di ridurre il numero di batteri patogeni in fase vegetativa a livelli di sicurezza; può essere attuata  con mezzi fisici (calore) o chimici (disinfettanti). I prodotti  chimici possono essere distinti in disinfettanti, utilizzati per oggetti inanimati( per es. ferri chirurgici, superfici ecc.), e  antisettici, solitamente a bassa tossicità e utilizzati su tessuto vivente (per es. cute). La disinfezione può essere distinta in tre diversi livelli:
Disinfezione di basso livello, se si impiegano disinfettanti in grado di uccidere le forme vegetative dei batteri e dei funghi nonché altri virus;
Disinfezione di livello intermedio, se vengono utilizzati disinfettanti efficaci contro il bacillo tubercolare e contro i funghi;
Disinfezione di alto livello, quando ad essere utilizzati sono disinfettanti efficaci anche sulle spore batteriche.
La scelta del tipo di disinfezione o di altra metodologia di profilassi è strettamente correlata alla tipologia e alla criticità del dispositivo medico, ovvero alla potenzialità del materiale considerato, se non correttamente trattato, di favorire la diffusione di microrganismi. Tale potenzialità può essere maggiore o minore in relazione all’uso a cui è dedicato il dispositivo:
Articolo/dispositivo critico – dispositivo che entra in contatto con un tessuto normalmente sterile o con il sistema vascolare. Questo dispositivo deve essere sterilizzato (per es. strumenti chirurgici);
Articolo/dispositivo semicritico – dispositivo che entra in contatto con mucose integre e non penetra tessuti sterili. Questo dispositivo deve essere sottoposto a un processo di disinfezione di alto livello (per es. endoscopi);
Articolo/dispositivo non critico – dispositivo che non viene a contatto con la cute del paziente o viene a contatto solo con la cute integra. Questo dispositivo deve essere sottoposto a una disinfezione a basso livello (per es. padelle, pappagalli, comode, forbici per bendaggi, lenzuola, coperte, materassi, superfici da lavoro).
PROCESSO DI DISINFEZIONE
A condizionare il risultato del processo di disinfezione concorrono diverse condizioni che riguardano:
Il tipo e le caratteristiche del materiale da sottoporre a disinfezione. Se il materiale presenta una superficie liscia semplice da pulire, non porosa, l’efficacia dell’azione disinfettante si ottiene con maggiore facilità; se, invece, presenta fessure, è poroso e difficile da pulire, la disinfezione può rivelarsi più disagevole;
La presenza sulle superfici di sostanze organiche; sangue, liquidi biologici ecc. rendono infatti vana l’azione della sostanza disinfettante perché la inattivano;
La quantità di microrganismi presenti sul materiale e la specie di appartenenza (batteri in forma vegetativa o meno, virus, miceti ecc). Ogni specie di microrganismo, in relazione alla sua struttura e alle sue caratteristiche, può risultare più o meno sensibile alla sostanza usata per la disinfezione;
Il tipo di disinfettante e la concentrazione dello stesso.  I disinfettanti sono diversi a seconda del tipo di disinfezione (basso, intermedio o alto livello) a cui deve essere sottoposto un determinato oggetto. Ogni sostanza disinfettante, per agire in modo efficace, deve entrare in contatto con l’oggetto a una specifica concentrazione, diversa per i diversi disinfettanti. Utilizzare il disinfettante a una concentrazione più bassa di quella indicata significa compromettere l’effetto, mentre usarlo a una concentrazione più alta non significa potenziarne il risultato;
Il tempo di contatto. Il disinfettante, per essere efficace, deve rimanere a contatto con i microrganismi per un tempo che, come la concentrazione, è diverso per ogni tipo di disinfettante. Anche in questo caso, accorciare il tempo di contatto significa non permettere al disinfettante di agire, mentre allungarlo molto equivale sempre a migliorarne l’azione e quindi l’effetto;
La temperatura. Il processo di disinfezione è il risultato di una serie di reazioni chimiche che, come tali, con l’aumento della temperatura si potenziano, perché accelerate. Gli esperti ritengono che i valori minimi e massimi entro i quali, si manifestano tali reazioni siano 20 °C e 37°C.
I disinfettanti differiscono fra loro per composizione e, di conseguenza, per caratteristiche; da questo derivano il diverso impiego, il diverso effetto e il diverso meccanismo d’azione. Per essere ritenuto efficace, un disinfettante deve rispondere a specifici requisiti:
 - spettro di azione (deve essere ampio), ciò significa che deve agire su batteri, virus, miceti, protozoi;
 - attività anche in presenza di materiale organico, che il disinfettante sia attivo anche in presenza di materiale organico non significa comunque mai che l’oggetto da sottoporre a trattamento non debba essere pulito;
 - azione rapida e prolungata;
 - bassa tossicità;
 - bassa irritabilità;
 - facilità d’impiego;
 - innocuità per il materiale trattato;
 - economicità, un aspetto non trascurabile, visto il largo uso di dette sostanze all’interno delle strutture sanitarie, in particolare, ma anche in quelle non sanitarie.
I disinfettanti pi comunemente usati sono: acqua ossigenata o perossido di idrogeno (ossidanti); alcol etilico (denaturato) (alcoli); clorexidina; cloro e derivati; fenoli; glutaraldeide; iodio e derivati.
La scelta del disinfettante deve essere effettuata, quindi valutando attentamente: il tipo e le caratteristiche del materiale che deve essere sottoposto a disinfezione; il livello di disinfezione richiesta (basso, intermedio, alto); le potenzialità del  disinfettante; la possibilità di interazioni e incompatibilità d’azione con altri disinfettanti e detergenti.
Una buona parte delle informazioni utili a favorire l’individuazione della sostanza più idonea alla necessità di disinfezione è fornita dalla scheda tecnica che accompagna il disinfettante. Queste informazioni, in ogni caso, sono anche riportate sull’ etichetta posta all’eterno della confezione.
Per ottenere l’effetto desiderato dai disinfettanti, non basta utilizzarli alle giuste concentrazioni e secondo le modalità definite e specifiche per ogni tipo di sostanza, bisogna anche conservarli nella confezione originale, ben chiusa (si può verificare evaporazione di una o più sostanze componenti il disinfettante), rispettando le temperature indicate per la conservazione, in luoghi freschi e al riparo dalla luce, evidenziare la data di scadenza. Per il loro impiego non bisogna aggiungere acqua alle sostanze disinfettanti, rispettando le concentrazioni indicate nella scheda tecnica; non usare tappi di garza, sughero, gomma; non appoggiare mai sull’apertura del contenitore le garze, il cotone, le mani, ecc; non rabboccare mai le sostanze disinfettanti; segnare sulla confezione la data di apertura, non usare la sostanza disinfettante trascorsi 7 giorni dall’apertura, non usarla dopo la data di scadenza.
DISINFETTANTI/
ANTISETTICI EFFETTO AZIONE PREVALENTE SU UTILIZZO ABITUALE TOSSICITA’ PER INCOMPATIBILITA’ CON CONSERVAZIONE
Acqua ossigenata o perossido di idrogena Molto debole sui batteri Batteri Gram negativi e batteri anaerobi Detersione di piccole ferite Tessuti, se molto concentrata ha effetto caustico e irritante.  Quella officinale (10-12 volumi) non irrita, non lede i tessuti e non è dolorosa Iodio; non deve essere miscelata con altri tipi di disinfettante.  In presenza di sostanze organiche la sua azione si riduce In luogo fresco al riparo dalla luce; è infatti, sensibile a quest’ultima e il calore ne determina la decomposizione


Alcol etilico (denaturato) antimicrobico Batteri Gram positivi e Gram negativi. Risultano sensibili anche alcuni tipi di virus e batteri con specifiche cartteristiche (acido-resistenti) Detersione di superfici ambientali. Sulla cute ha un effetto sgrassante. Non può e non deve essere utilizzato come disinfettante ha un basso potere di penetrazione, evapora rapidamente, è irritante per i tessuti Tessuti; l’uso prolungato determina irritazione e secchezza della cute (viene disidratato lo stato lipidico) 8metalli ferrosi; ne determina, infatti, l’arrugginimento Lontano da fonti di calore. E’ facilmente infiammabile
Clorexidina
-in soluzione acquosa
-in soluzione alcolica
-in soluzione schiumogena Batteriostatico o battericida (in relazione alla concentrazione d’uso) Batteri Gram positivi e Gram negativi, miceti e alcuni virus Antisepsi (cute integra e lesa e mucose) Occhi, orecchie, tessuto cerebrale nervoso Tensioattivi anionici, acqua molto dura, alte temperature, contatto con il sughero (per es. tppi). Quest’ultimo contiene sostanze che la inattivano Al riparo dalla luce e dal calore
Cloro e derivati battericida Batteri Gram positivi, Gram negativi e alcuni virus. A alte concentrazioni, sono attivi anche su altri tipi di batteri, spore, virus e moderatamente sui miceti Cloramina T (potabilizzazione dell’acqua, antisepsi della cute quando è necessario un contatto prolungato come negli impacchi
Clorossidante elettrolitico soluzione all’1,1% (disinfezione materiale non critico e semicritico, antisepsi cute lesa e intega e mucose)
Clorossidante elettrolitico soluzione del 2,8% disinfezione ambientale
sodio dicloroisocianurato (NaDCC) disinfezione di ambienti e superfici esclusi i metalli Vapori che liberano se mescolati con acidi.
Sodio dicloroisocianurato (NaDCC) cute e mucose, se la soluzione è concentrata ha effetto irritante Detrgente cationici; se utilizzati per lunghi periodi, possono laterare alcuni composti plastici e corrodere i metalli
Cloramina T: sostanze organiche, alcol e acqua ossigenata N luogo fresco, in contenitori scuri e sempre ben chiusi
Fenoli battericida Batteri Gram positivi e Gram negativi, miceti e alcuni virus Decontaminazione degli strumenti chirurgici prima del lavaggio; disinfezione del materiale non critico e di alcuni materiali semi-critici; disinfezione degli arredi e dell’ambiente Cute e occhi Detergenti cationici In luogo asciutto e fresco
Glutaraldeide battericida Batteri Gram positivi e Gram negativi, batteri in forma vegetativa, virus Disinfezione di alto livello di strumenti chirurgici in situazioni di emergenza, strumenti a fibre ottiche o con lenti, tutto il materiale termolabile in genere Cute (irritante), occhi (causticaante) mucosa delle vie respiratorie. Deve essere sempre utilizzata alle concentrazioni e secondo le modalità indicate da specifici protocolli d’uso. E’ d’obbligo l’impiego dei DPI Strumenti al carbonio e quelli di acciaio (può arrugginirli se il contatto è prolungato) Al riparo dalle alte temperature, in luogo fresco e asciutto
Iodio e derivati battericida Batteri Gram positivi e Gram negativi, batteri in forma vegetativa, virus, miceti Antisepsi di cute integra (in soluzione alcolica); disinfezione di piccole ferite (in soluzione acquosa) Cute (irritante la soluzione alcolica) Con acqua ossigenata e acetone Al riparo da fonti di calore e dalla luce





Padelle, pappagalli, comode
E’ sempre indicato l’impiego di materiale monopaziente
Bisogna effettuarla ogni volta dopo l’uso, e alla dimissione del paziente.
Lavaggio manuale:
Lavare con acqua e detergente
Sciacquare bene
Mettere il materiale (padella, pappagallo, vaschetta della comoda) in una soluzione di ipoclorito di sodio al 5% per circa 30 minuti
Sciacquare bene
Asciugare con panno munouso.
Lavaggio con lava padelle automatico
verificare che la vaschetta dedicata contenga la soluzione detrgente al livello indicato
attivare il ciclo di lavaggio (detersione e disinfezione a caldo)
asciugare con un panno monouso
se il ciclo della lavapadelle non prevede anche la disinfezione a caldo procedere dopo con la disinfezione manuale con ipoclorito di sodio al 5% per circa 30 minuti.
Carrelli
Devono essere detersi una volta al giorno:
lavare con acqua e detergente ponendo uguale attenzione a tutte le parti  del carrello (ruote e loro parti incluse)
sciacquare e asciugare bene
passare sulle superfici un panno imbibito di clorossidante elettrolitico al 2%



STERILIZZAZIONE
La  sterilizzazione, processo che elimina o distrugge tutte le forme di microorganismi, è indicata nel trattamento degli articoli/ dispositivi critici; i mezzi usati per la sterilizzazione, possono essere distinti in:
Fisici: calore secco, vapore saturo, raggi gamma (radiazioni ionizzanti);
Chimici: liquidi (acido per acetico), gassosi (glutardaldeide, ossido di etilene, gas plasma di perossido di idrogeno)
La preparazione del materiale alla disinfezione/sterilizzazione è senza dubbio una fase che, se condotta in modo inadeguato, può inficiare l’efficacia dell’intero processo.
La decontaminazione: ai sensi dell’articolo 2 comma 2, della circolare Ministeriale del Ministero della Sanità 28 settembre 1990, i presidi riutilizzabili debbono, dopo l’uso, essere immersi immediatamente in un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia sull’HIV prima delle operazioni di smontaggio o pulizia, da effettuare come preparazione alla sterilizzazione. Le soluzioni utilizzabili per questa operazione, il cui scopo è quello di rimuovere un considerevole numero di microrganismi presenti su un substrato, riducendone cosi la carica batterica, sono preparati a base di cloro; preparati a base di clorexidina gluconato e centrimide; preparati a base di polifenoli.
La scelta dell’una o dell’altra soluzione è legata, ovviamente, alle caratteristiche dei materiale considerato, oltre che ai protocolli in uso all’interno di ogni singola struttura. Indipendentemente dal tipo di soluzione, il materiale deve rimanervi immerso completamente per un tempo non inferiore a 30 minuti. L’operazione di decontaminazione, che deve avvenire in luogo dedicato, richiede l’utilizzo da parte degli operatori dei DPI indicati:
Guanti: preferibilmente quelli di gomma, quelli di lattica si lacerano facilmente;
Camici e/o grembiuli impermeabili;
Maschere e/od occhiali per proteggere occhi e volto da eventuali schizzi.
La pulizia: consente l’asportazione di tutto il materiale visibile (sporcizia, residui di materiale organico) presente su una superficie o su uno strumento.. La pulizia è il risultato dell’azione meccanica di sfregamento esercitata e dell’impiego di acqua e detergente. Anche questa fase, che può essere espletata sia manualmente sia meccanicamente, mediante lavaferri, richiede l’uso dei DPI suddetti, da parte di tutti gli operatori. Se effettuata manualmente, per garantire l’azione meccanica, va previsto l’uso di spazzole a setole morbide; sono da evitare le spugne abrasive perché possono rovinare gli strumenti. Per la scelta dei detergenti, sono da preferire quelli con potere schiumogeno medio, la schiuma se eccessiva, può limitare la visualizzazione dell’oggetto in tutte le sue parti, quindi l’adeguatezza dell’operazione.
Il risciacquo: effettuato con acqua corrente e finalizzato ad asportare i residui di detergente.
L’asciugatura: si tratta di una fase importante. Infatti, introdurre in autoclave materiale non ben asciutto può equivalere a inficiare l’intero processo di sterilizzazione.
Il controllo e la manutenzione: questo passaggio prevede il controllo di tutto il materiale da sottoporre a trattamento, nonché la manutenzione dello stesso (lubrificazione, sostituzione di parti deteriorabili, raccordi, guarnizioni, ecc).
La selezione: tutto il materiale deve essere selezionato in relazione al tipo di trattamento sterilizzante cui deve essere sottoposto e al tipo di confezionamento indicato.
Il confezionamento cambia in relazione alla tipologia del materiale, ma anche al tipo di processo di sterilizzazione cui il medesimo deve essere sottoposto. Questa operazione è importante quanto quelle finora descritte perché, se ben effettuata, permette al materiale di mantenere la sterilità raggiunta fino al momento dell’uso.
Confezionamento in cesti con cerniere: i cesti sono contenitori in metallo di varia forme e misura, provvisti di ante scorrevoli sui dorsi, finalizzate ad aprire o chiudere i fori laterali per permettere il passaggio dell’agente sterilizzante durante il processo di sterilizzazione. Non si chiudono ermeticamente, vengono impiegati per la sterilizzazione con calore secco e con vapore saturo e la sterilità si mantiene per 24 ore.
Confezionamento con carta kraft-polietilene: questa modalità prevede l’impiego di buste (di diverse misure) o rotoli costituiti da carta medicale da un lato e da una pellicola di polietilene dall’altro. Si utilizza per la sterilizzazione a vapore e ossido di etilene e la sterilità si mantiene per 60 giorni.
Confezionamento con carta medical grade: questa carta, crespata, di diverse dimensioni e colori, viene impiegata per la sterilizzazione a vapore e a ossido di etilene. Il materiale che deve essere avvolto in doppio strato secondo una sequenza di manovre particolari mantiene la sterilità per 30 giorni.
La corretta conservazione del materiale sterilizzato, momento conclusivo di tutto il percorso, rappresenta un’ulteriore garanzia di mantenimento della sterilità raggiunta e, di conseguenza, dell’uso in sicurezza dello stesso. Esso deve essere mantenuto in un locale dedicato, pulito e asciutto; deve essere maneggiato il meno possibile e la sua confezione deve rimanere intatta e deve essere regolarmente controllata la scadenza della sterilità.
Per verificare l’efficacia del processo di sterilizzazione vengono effettuati sistematicamente controlli che possono essere chimici, fisici o biologici. Le modalità e la frequenza dei diversi controlli cambiano in relazione a ciò che deve essere di volta in volta verificato, e cioè il processo di sterilizzazione o la sterilità del materiale.
I PERCORSI PULITO E SPORCO
Le normative che regolamentano l’edilizia ospedaliera prevedono che vi siano dei “percorsi” differenziati per ciò che è ritenuto “sporco”, in quanto proveniente da prestazioni erogate al malato, e per ciò che invece è ritenuto “pulito”, perché necessario allo svolgimento di attività sul malato. Per specificare meglio sono da considerare “sporco”: la biancheria sporca, i rifiuti, lo strumentario chirurgico prima del suo invio alla centrale di sterilizzazione.
Indipendentemente da quanto dettano le disposizioni in materia di edilizia ospedaliera, è facile ricondurre l’importanza di questa differenziazione alla necessità di rispettare le più comuni norme igieniche al fine di contrastare efficacemente la diffusione dei microrganismi all’interno della struttura sanitaria e, in particolare, nelle unità operative. E’ indispensabile evitare, sempre e in ogni caso, la sovrapposizione delle “operazioni sporche” con le operazioni “pulite”.
Non è corretto,  per esempio :
Allontanare la biancheria sporca contemporaneamente all’arrivo di quella pulita;
Stoccare rifiuti o biancheria sporca insieme a biancheria pulita o altro materiale pulito;
Allontanare i rifiuti contemporaneamente all’arrivo di farmaci o presidi;
Allontanare rifiuti o la biancheria contemporaneamente all’arrivo dei carrelli termici contenenti alimenti;
Scambiare gli strumenti sporchi con quelli puliti nello stesso momento anziché in momenti diversi.